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incancrenite e la manifesta parzialità verso i compatrioti, costrinsero ad escludere i Côrsi dalle magistrature; il che fu un esasperarli viepeggio contro i Genovesi.

L’esazione delle tasse porgeva rinascenti occasioni di rivolte, come il divieto delle armi, che fu fatto nel 1715 perchè ogni anno commetteansi più di mille assassinj, e ventottomila nei trentadue anni della dominazione genovese. Quando l’odio è così profondo tra governati e governanti, ogni partito riesce alla peggio, ogni rimedio torna in veleno. Genova prestò denaro ai proprietarj, affinchè potessero ridur a frutto le loro terre, e i Comuni ne stavano garanti; ma nè quelli se ne prevalsero, e questi, citati al rimborso, strillarono come di nuova esazione.

Così preparavasi un cumulo di ire, che sanguinosamente proruppero. In occasione che gli esattori andavano attorno a riscuoter le tasse, s’appicca rissa per pochi quattrini, per qualche mobile oppignorato: un Cardone di Bastellica, arrestato dai dazieri, comincia a gridare contro l’avidità genovese, passa a enumerare i vecchi torti, i diuturni oltraggi; è ascoltato, echeggiato; le armi, più care perchè proibite, si traggono da’ nascondigli; i corni risuonano per le montagne: le campane di Cismonti rispondono a martello a quelle d’Oltrementi; Felice Pinelli allora governatore spiega quel vigore, che chiamasi disopportuno quando non raggiunge l’effetto. Sbigottita dall’estendersi dell’incendio, Genova manda patti conciliativi, ma gli animi stavano in quella gonfiezza, ove ogni proposizione si battezza di paura e aumenta il coraggio; non si vuole, non si domanda altro partito che l’indipendenza.

I Côrsi, come deve ogni popolo sollevato, appigliaronsi alla guerra di bande, cui offrono opportunità meravigliosa i loro monti, la sobrietà, l’abitudine della caccia; sicchè d’altro non aveano bisogno che di castagne e palle; mentre i Tedeschi, mandati da Carlo VI in ajuto dei Genovesi sotto al generale Wachtendock, nell’insolito clima e in guerra irregolare e per causa estranea venivano meno. Fioccavano intanto manifesti ed esortazioni ai popoli e ai re, i quali si contentavano di mostrar simpatia; ai Côrsi dimoranti di fuori intonavasi, lasciassero via le penne e le cetre, e venissero a pigliar il fucile; intanto procacciavasi ogni mezzo di difesa, fidando in Dio e nel popolo. L’apparato avversario sempre più formidabile ridusse però i capi ad accettare la perdonanza e governo più largo, ma non per que-