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figliuol mio?» s’avvolse alla testa la toga, e trafitto da venti colpi, spirò a’ piedi della statua di Pompeo.

Bruto, non appena ebbe confitto il coltello nel cuore del suo benefattore, vide le conseguenze d’un’azione atroce, reputata sublime; ma geloso di non dar passo se non secondo la giustizia ossia la legalità, si fece egli ad esporre al popolo i motivi che l’avevano indotto all’uccisione. Lo sgomento propagossi rapidamente dal senato alle piazze, alle botteghe. I congiurati, traversando in arme la città col berretto s’una picca, simbolo di libertà, schiamazzavano averla redenta dal tiranno, dal re: ma i cittadini non davano segno di gradir troppo il regalo dell’aristocratica libertà, onde o fuggivano spaventati, o profittavano del tumulto per gettarsi al saccheggio, meta vulgare d’ogni sovvertimento; poi urlavano contro gli assassini. I congiurati tentarono guadagnarseli con denaro; ma fallendo anche questo, dovettero pensare a ricoverarsi in Campidoglio, circondati da bravi.

Uccidere un tiranno, qual più facile cosa? ma rialzare la repubblica coi costumi, colle leggi, col governo regolare, qui consisteva la difficoltà. Questi letterati l’aveano lasciata cadere pezzo a pezzo, senza opporvi seria resistenza: ora abbattevano l’unico governo regolare e forte che fosse possibile, senza aver dove appoggiarsi dopo distrutti gli elementi repubblicani. Nè i congiurati n’ebbero il senno o la possa, nè bastava che Marco Bruto rammemorasse il suo antenato, nè che Decimo Bruto mettesse in armi i suoi gladiatori. Cicerone, che al par di Bruto favoriva i privilegiati e i pubblicani, sanguisughe del popolo, e li difendeva mentre sprezzava la «miserabile e digiuna plebaglia, sanguisughe dell’erario»1, non prometteasi nulla dal favor della piazza, e suggerì lo spediente più opportuno in quel frangente, cioè di convocare il senato in Campidoglio perchè subito si chiarisse e prendesse partito sulla circostanza2: ma Bruto, che non avea provato scrupolo ad uccider Cesare, l’ebbe a radunare la curia senza le formalità; rimandò anzi dal Campidoglio molti personaggi venuti a raggiungerlo, dicendo non dover rimanere a parte del

  1. Illa concionalis hirudo ærarii, misera ac jejuna plebecula. Ad Attico, I, 16.
  2. Meministi me clamare, illo ipso primo capitolino die, senatum in Capitolium a prætoribus vocari? Dii immortales! quæ tum opera effici poterant, lætantibus omnibus bonis, eliam sat bonis, fractis latronibus. Ad Attico, XIV, 10.