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riunire tutti gli elementi sociali a uno scopo comune, all’interesse dello Stato, a quello cui tende la società. Tutte le leggi o ordinanze che fece o promosse convergevano a ciò, sicchè bastava congiungerle, e dedurne le conseguenze. Così avea svigorito le istituzioni repubblicane sia col trarre a errori l’aristocrazia e fomentarne la lotta colla democrazia, sia colla corruzione estesa a tutte le classi, sia col frequente violare le leggi avite. Anche l’opposizione religiosa era tolta dacchè furono aboliti gli auspicj, fin allora necessarj ne’ comizj. L’abbattere i due partiti accostava a formare una classe media, al che non erano riuscite le leggi agrarie; in modo che al programma di un partito si sostituisse il ben pubblico; le forze pubbliche non si logorassero in lotte intestine, ma insieme rinvigorissero Roma, circondata dalla provincie italiane e forestiere, e divenisse Stato mondiale, con unità di pensiero, di vedute, di comando. Appunto perchè preparata di lunga mano, l’istituzione dell’impero durò, anche traverso agli uccisori e ai vindici di Cesare.

Della propria missione livellatrice neppur Cesare ebbe perfetta coscienza: i contemporanei non ne sentirono gli effetti; non li ravvisarono i successori immediati di Cesare; che più? la filosofia più elevata e morale riducevasi, durante l’impero, ad ammirare le antiche virtù romane. E per verità, chi la libertà riconosce nei nomi piuttosto che nelle cose, deve considerar Cesare come distruttore della romana, accordarsi con quelli che protestarono contro la tirannide di lui, ed ammirarne gli assassini.

Ma Cesare era grande, d’intelligenza superiore, di grandezza d’animo più che umana. Quale entusiasmo non ispira al suo esercito! E come scrittore, chi pari a Cesare? Lo leggiamo con riverenza maggiore che gli altri storici; e rimaniamo dominati dalla nettezza dello stile, dalla vivacità della pittura, dalla speditezza del racconto, dalla semplicità che fa meglio apparire la sua grandezza.

Coloro dunque che rispettano i diritti del genio, cominciarono ad esitare nel condannarlo. Vennero poi le conseguenze a proferir giudizio sulle cause, e apparve che Cesare menava il popolo ad acquistare la proprietà, le nazioni barbare ad acquistare l’equo diritto; che insomma egli era lo stromento d’un progresso provvidenziale, preparamento di quel che doveva esser compito da altre mani; non mani armate.

Mentre così Roma perdeva la nazionalità col dilatarla, i popoli