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giulio cesare | 251 |
vicinandosi così al diritto della nazione dominante, e togliendosi al despotismo de’ governatori, alle espilazioni de’ soldati, alle ruberie degli usuraj, agli arbitrj degli appaltatori, ai quali fu sostituita una contribuzione fissa, e riscossa con regolarità.
Ma il popolo italico era stato rovinato dalle leggi agrarie, dalla tirannide aristocratica, dalle rivoluzioni triumvirali; sicchè troppo era difficile divenisse nucleo alle riformate popolazioni provinciali, come Cesare tentava. Nel qual concetto lo seguirono gl’imperatori, trattando bene le provincie, che fu l’arte per cui prolungossi l’impero. Se non che alla italica erasi surrogata una popolazione d’ogni paese e della peggior risma, e di soldati, la quale soprafece gl’imperatori stessi, costituì la monarchia militare a capriccio dei pretoriani, onde le provincie divennero non solo indifferenti ma avverse allo Stato.
Cesare avea cercato prevenire quei mali coll’assodare la sicurezza pubblica, fondare nel governo l’equità de’ diritti, frenare i soprusi, rigenerar l’Italia e le provincie colle colonie, intrecciare le relazioni fra Roma e l’Italia, l’Italia e le provincie, l’Oriente coll’Occidente, unire la coltura greca colla latina, difonder le notizie e guadagnar l’opinione con giornali, distrarre col lusso, coi teatri, animare gli scrittori, che presto diedero il secol d’oro; tollerare e sin favorire i culti stranieri, arruolar nelle legioni anche i provinciali. Corrottissimi erano i giudizj in grazia de’ partiti; ed egli volle i giurati possedessero un censo di quattrocento mila sesterzj, e volle il diritto regio di avocare a sè i processi dopo giudicati, appellazione che impediva quella de’ tribuni. Modera il lusso, ma le leggi suntuarie lo costringono ad empiere i mercati di spie, e tenere commissarj di polizia, che talvolta entrano nelle case de’ ricchi all’ora del pranzo, levandone gli esorbitanti apparecchi. Aumenta i magistrati inferiori; limita il potere giudiziario dei senatori e cavalieri, sicchè minore sia la venalità; pel primo dà pubblicità agli atti giornali del senato e del popolo (acta diurna). Come pontefice massimo, scoperto il disordine del calendario, chiama d’Egitto l’astronomo Sosigene, col cui ajuto lo riforma, e così toglie all’aristocrazia il pretesto di sospendere gli affari coll’allegazione incerta de’ giorni festivi e nefasti.
Fra le leggi riordinatrici che pubblicò, ricordiamo quelle majestatis contro l’alto tradimento, de repetundis contro le malversazioni e ra-