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giulio cesare | 247 |
privilegi: il paludamento trionfale e la corona d’alloro in tutte le solennità; intitolato Giulio il mese quintile; la sua statua presso quella dei re e di Bruto; fu nominato padre della patria, imperatore, pontefice massimo col diritto di trasmettere questi titoli a’ suoi figli anche adottivi; la dittatura e la censura a vita; il coniare medaglie colla propria effigie, il conferire la nobiltà, l’usare la toga regia e il seggio dorato: forza di legge a tutte le sue disposizioni; una guardia di senatori e cavalieri; potrebbe allargare il ricinto (pomerium) della città; un tempio alla Libertà e uno alla Concordia in onor suo con annua festa, e voti solenni per la sua salute, e un collegio sacerdotale col suo nome, e giuochi quinquennali.
Come ogni vincitore di rivoluzione, doveva inchinare due sovrani, il popolo e i soldati. Questi tenne nei limiti, e li distribuì fra le popolazioni, ma soltanto sovra terre abbandonate, affine di mescolarli coi borghesi, dando inoltre ventimila sesterzj (L. 5000) a ciascun soldato, il doppio a ciascun centurione, il quadruplo ai tribuni. Ogni cittadino ebbe dieci misure di grano, dieci libbre d’olio e quattrocento sesterzj: ventidue mila tavole da tre letti accolsero cennovantotto mila convitati a bere il vino di Scio e di Falerno, e gustare ogni squisitezza.
Gli spettacoli, smania di quel popolo, mai non furono più splendidi; d’ogni maniera giuochi, musiche, teatri, finte battaglie terrestri e navali; sopra il circo una gran tenda di seta, allora preziosissima. Cavalieri e senatori invocarono la licenza di presentare gladiatori e atleti, e alcuni s’avvilirono fin a montare il palco e prender parte a que’ combattimenti. Le feste Palilie, già sacre al nascimento di Roma, furono destinate a commemorare le vittorie di lui; la sua statua nel tempio di Quirino aveva l’iscrizione Al dio invitto, e una d’avorio sarebbe portata nei giuochi del circo fra quelle degli Dei.
Cesare consacrava il foro Giulio e il tempio di Venere Genitrice, stipite della sua casa; mostrava, frutto di sue vittorie, 60,000 talenti e 2822 corone d’oro, del valore oggi di 200 milioni.
I grandi onori spesso rivelano grandi paure; a mitigar le quali, Cesare proclamò non rinnoverebbe le proscrizioni di Mario e Silla: — Così avessi potuto non una stilla versare di sangue cittadino! Ora, domi i nemici, deporrò la spada, intento a guadagnare colle buone coloro che persistono a odiarmi. Serberò gli eserciti, non tanto per difesa mia, quanto della repubblica: a mantenerli baste-