Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
246 | illustri italiani |
quale è un atto di tirannia; e da un tiranno io nulla voglio». E si uccise.
Quanti il conobbero lo piansero come il solo Romano ancora libero; Cesare esclamò: — M’ha invidiato la gloria di conservargli la vita»; pure allorchè Cicerone ne scrisse un panegirico, gli oppose l’Anti-Catone, mettendone in chiaro i difetti e le intempestive virtù. In realtà Cesare possedeva le qualità moderne, Catone le antiquate; quegli aspirava al voto de’ contemporanei e de’ posteri, l’altro proponeasi una virtù ideale, e può dirsi perisse con lui la stirpe degli antichi repubblicani: onde la causa soccombente pretese tutto per sè l’onore di questo martire, oppose il voto di lui a quello del destino1, e lo divinizzò qual simbolo dell’odio contro Cesare.
Con lui non erano spenti tutti i nemici di Cesare. Alcuni in Asia sostennero in continua opposizione gli Arabi e i Parti. In Ispagna i due figli di Pompeo, battendo la campagna, aveano confinato i Cesariani entro le fortezze; finchè il dittatore, venutovi in persona, gli affrontò nel piano di Munda presso Córdova (43 av. C.). I così detti repubblicani, con disperata risoluzione avventandosi, sulle prime ebbero tale vantaggio, che Cesare fu sul punto d’uccidersi; ma ripreso coraggio, gridando a’ soldati suoi, — Non vi vergognate d’abbandonare il vostro capitano a codesti ragazzi?» precipitandosi fra i combattenti, e rintegrata la pugna, e combattuto dal levare al tramonto del sole, riuscì vincitore, uccidendo trentamila nemici e tremila cavalieri. Gneo Pompeo fu morto, e la sua flotta distrutta; Sesto, suo fratello minore, andò a nascondersi fra i Celtiberi. Finita in sette mesi una guerra pericolosissima. Cesare tornò vincitore dalla più difficile sua impresa, quella d’Africa; gli adulatori della fortuna non conobbero ritegno; gli fecero decretare quaranta giorni di ringraziamento agli Dei, l’entrata trionfale qual secondo Camillo su carro tirato da cavalli bianchi, preceduto da triplo numero di littori, una statua di bronzo poggiata sul globo, il titolo di semidio, e il suo carro collocato rimpetto a quello di Giove. Come prefetto dei costumi aveva in balìa l’ordine equestre e il senatorio; per dieci anni restava dittatore; in senato avrebbe una sedia curale fra i due consoli, pel primo pronunzierebbe il suo parere; nel circo darebbe il segno di cominciare i giuochi. In un successivo trionfo accrebbero ancora questi