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se ne capacitasse, e venisse a porglielo in mano; ma afferrarlo non ardiva, e intanto lasciava prolungarsi il disordine, e a forza di bassezze per ottenerla, perdeva la popolarità. All’occasione che il bravaccio Clodio restò ucciso dai bravacci di Milone, fu proposto di conferirgli la dittatura (52 av. C.), ed egli non l’osò. Allora solo accorgendosi che Cesare, per via de’ suoi emissarj e coll’appoggio dell’esercito, s’avviava alla dominazione, il senato implorò Pompeo a tutelare la libertà; ma qual libertà, dove il Governo era costretto a schermirsi sotto la protezione d’un cittadino?

Pompeo, che aveva creduto adoprar Cesare come uno strumento, non voleva nè confessare al senato d’essersi concertato con quello per disfare la repubblica, nè a sè stesso d’essersene lasciato illudere; donde un’esitanza che lo perdè. Claudio Marcello console (51 av. C.), propose al senato di richiamare Cesare, prima che ne spirasse la commissione; e non riuscitovi, lo oltraggiò in ogni modo, sino a far battere un senatore di Como, all’unico scopo, diceva, che, reduce nelle Gallie, potesse mostrare le sue spalle al proconsole. Cesare sentivasi men che mai disposto a rassegnare il comando da che Pompeo erasi fatto prorogare per altri cinque anni il governo dell’Africa e della Spagna; anzi, fidato in un robusto partito (50 av. C.) e nell’esercito, chiese d’esservi riconfermato; e perchè le creature di Pompeo gli fecero toccare il no, un centurione che alla porta del senato aspettava, battè sulla spada, dicendo: — Glielo confermerà questa».

Per verità chi potea credere che Cesare si restituisse come privato in Roma dopo comandato come re tanto tempo nelle Gallie? chè veramente da re era la potenza d’un capo d’esercito1. Come eroe a conquistarla, così appariva prudente a darle sesto e governo; vi univa assemblee, divisava costituire nelle città il diritto municipale, e ne fe saggio a Como, dove piantando colonie, si assicurò le vigorose popolazioni che attorniavano quel lago delizioso.

Così rinforzato, percorse le città prossime alla Cisalpina, e v’ebbe accoglienze come un trionfante fra apparati e vittime. Nel verno tornava di qua dall’Alpi? al suo quartiere accorreva quanto di meglio avea Roma; a Lucca sin centoventi fasci si videro che accompagnavano pretori e proconsoli, oltre ducento senatori; udivansi vittorie

  1. Noster populus in bello sic paret ut regi. Cicerone De rep. I, 40.