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giulio cesare 231


Vero è che potenti avversarj ormavano i passi di lui, simili ai corrispondenti de’ giornali odierni raccogliendo e denunziando le ruberie, i tradimenti, le uccisioni, lo sterminio de’ prigionieri; e quando furono proposti ringraziamenti a Cesare, l’austero Catone proruppe: — Che ringraziamenti? espiazioni piuttosto, supplicare gli Dei non puniscano sui nostri eserciti le colpe del generale, e consegnar questo ai nemici affinchè Roma non paja comandare lo spergiuro». Altri, meno austeri e più positivi, palesavano il pericolo de’ prolungati comandi, e del lasciare entrambe le Gallie in mano d’un solo, il quale così potrebbe nella Transalpina agguerrire l’esercito, poi per la Cisalpina condurlo fino alle porte di Roma. Gli amici però del proconsole riflettevano: — Se nella Gallia ha domato grandissime nazioni, egli non le ha ancora sistemate con leggi, con diritto certo, con ferma pace; questa guerra non può essere terminata se non dallo stesso che la cominciò; dobbiamo anzi saper grado a Cesare, che al soggiorno di Roma e alle delizie d’Italia preferisce terre sì aspre, sì rozze borgate, genti sì grossolane»1. Tali voci e i suffragi per farsi prolungare il comando, dovea Cesare guadagnarseli lusingando il vulgo, comprando i demagoghi. Per venti milioni e mezzo acquistò un’area, e vi eresse un fôro con portici di marmo, comodità popolare e tettoje pei comizj; comprò per otto milioni e mezzo la neutralità del console Emilio; comprò per dodici milioni la connivenza d’un tribuno; tutte armi che affilava contro la repubblica.

Cesare, gran guerriero, grand’oratore, gran politico, uom di dottrina e di azione, abile matematico, come lo provano la riforma del calendario, il ponte sul Reno, gli assedj suoi; d’attenzione sì robusta che ad un tempo leggeva, scriveva, ascoltava, dettava fin a quattro secretarj; coll’aspetto dignitoso e coll’efficace parola domina le assemblee, reprime i tumulti, combatte e amoreggia; dall’estrema Bretagna all’Etiopia riporta segnalate vittorie, e insignemente le narra ne’ Commentarj.

La difficoltà di propagare i manoscritti obbligava gli antichi a scriver serrato; oltre che sapeano aggruppare gli sparsi accidenti, quanto oggi si suole sbricciolarli e decomporli. Cesare, meglio d’ogni altro vedendo le forze e i vizj del tempo e del paese suo, narrò gran-

  1. Cicerone.