Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/247


giulio cesare 227

Roma e il mondo; sicchè leggi rigorose portò contro la concussione dei magistrati in provincia; della Grecia assodò l’indipendenza, fin allora nominale; alla Gallia Cisalpina fece comunicare la romana cittadinanza, e alla Transpadana il diritto latino, e vi stanziò numerose colonie; sicchè un territorio barbaro restava annesso alla pelasgica Roma, e a popoli interi conferivasi un privilegio che prima non era concesso se non a singoli. Molte terre pubbliche rimanevano nella Campania, ed egli propose si dividessero fra cittadini poveri che avessero almeno tre figliuoli; se quelle non bastavano, se ne comprassero da privati coi tesori riportati dall’Asia; onde una popolaglia oziosa ed affamata venisse occupata a ridurre a frutto campi deserti. Aggiungeva non darebbe verun passo senza il senato, al quale lascerebbe la scelta de’ commissarj.

Talmente erano ragionevoli e moderate le proposte, che i senatori non poteano disdirle apertamente, ma trascinavano d’oggi in domani: del che lamentandosi Cesare, il conservatore Catone gli cantò, — Al senato non garbava di vederlo comprarsi la plebe colle ricchezze del pubblico». Tale risposta infuse coraggio ad altri padri per rifiutar la legge, col pretesto che non convenisse introdurre novità nell’amministrazione. Cesare indispettito convoca il popolo, espone il fatto, indi voltosi a Pompeo e Crasso, ne domanda schietto e preciso il parere; ed essi: — Non solo approviamo, ma siam disposti a sostenere anche colla spada la tua mozione».

Il popolo se ne incalorì; al console Bibulo che tentava resistere, furono infranti i fasci, maltrattati i littori, ferita la persona; gli altri spaventati tacquero, e la legge agraria passò: e se fosse stata ben eseguita avrebbe potuto restaurare l’utile classe de’ campagnuoli. Cesare viepiù si legò a Pompeo sposandone la figlia, e inducendo il senato a collaudare quant’esso aveva operato in Asia; quindi amicossi i cavalieri col ribassare di un terzo l’appalto delle gabelle; vendè l’alleanza di Roma al re d’Egitto; poi volendo sottrarsi a quell’aura popolare che presto si risolve in fischi, si fece decretare per cinque anni le provincie delle Gallie e dell’Illiria (58 av. C.) ove poteva colle conquiste procacciarsi gloria, e prepararsi un esercito disciplinato e devoto.

Accanto alla fiera Gallia Transalpina si era piantata la colonia jonica di Marsiglia, esempio di corruzione e fomite di discordie tra i vicini; mentre i Romani, assodato il loro dominio sì nella Gallia