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Cajo Giulio Cesare nato 100 anni avanti Cristo, fu dei maggiori personaggi dell’antichità. I più mostravano poco conto di questo giovane, pallido, battuto dall’epilessia, avvolto con affettata negligenza nella lassa toga; eppure, l’atante statura, l’occhio grifagno, un viso che conciliava affetto e ispirava sgomento, valentìa negli esercizj ginnastici non men che negli intellettuali, e una certa naturale alterezza, indicavanlo capace di volere con risolutezza e di riuscir con vigore. Non v’avea soldato più di lui robusto o paziente a domar cavalli, sostenere i Soli, il gelo, la fame, il nuoto, e marcie di cinquanta miglia al giorno. Portentosa attività, alla quale nulla parea compito se cosa rimanesse a compire1; intelligenza agevole, profonda, educatissima; persistenza irremovibile, che espresse fin da’ suoi cominciamenti quando, recandosi alle elezioni, disse a sua madre: — Oggi mi rivedrai pontefice o esiliato», presto lo persuadono che l’unico posto a sè conveniente è il primo. Oltrechè, discendendo per padre dalla dea Venere e per madre da Anco Marzio re, quale aspirazione sarebbe potuta parergli temeraria? Ed egli fida nella fatalità, espone ad ogni incontro la vita, anzi che compromettere l’autorità sua.
Entrato nella vita quando la libertà di Roma era palleggiata fra la tirannia del democratico Mario e quella dell’aristocratico Silla, a diciasette anni trovatosi di fronte a Silla, osò disobbedirlo col non voler ripudiare Cornelia figliuola di Cinna; il dittatore sangui-