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folla di gentiluomini; e lamenti ne portava ogni legno che tornasse in Ispagna. Fernando era assediato dalle calunnie, e le giustificazioni di Colombo restavano soffogate prima d’arrivare al trono; mille clamori alzavansi per ispegnerne l’ammirazione; tutti gli intriganti, la cui rapacità non era rimasta satolla, l’accusavano di barbarie, di dilapidazioni; gran numero di questi sciagurati vennero fin sotto le mura del palazzo a colmare di loro imprecazioni i figliuoli dell’ammiraglio, annoverati dalla regina fra’ suoi paggi. — Ve’ ve’ (gridavano costoro) i figli di quel villan traditore, che scoprì la terra di disinganno e di vanità, perchè divenga sepolcro di tutta la Castiglia».

Principalmente commovevasi Isabella ai patimenti dei nativi, da €olombo ridotti schiavi quando presi in guerra, e al vedere donne e fanciulle inviate in Ispagna, e Colombo implorare venisse alcun tempo continuata la servitù degli Indiani. — Con che diritto l’ammiraglio dispone de’ miei vassalli?» diss’ella con dolore; firmò la rovina dell’uomo, che le avea destato l’entusiasmo più vivo, e mandò Francesco Bobadilla per esaminare lo stato della colonia, coll’incarico di punire i rei, e destituire l’ammiraglio stesso qualora il trovasse colpevole. A Bobadilla importava troppo di trovare in Colombo un gran reo; e tale lo vide. Prevenuto da alcuni intriganti, che, non appena arrivò, se gli attaccarono all’orecchio, pronunziò scaduti l’ammiraglio ed i suoi fratelli; e senza vederli nè degnar ascoltarli, li fece caricar di catene e imprigionare. — Il nuovo comandante (scrisse Cristoforo alla nutrice del principe Giovanni) si collocò nella casa mia, se l’appropriò tal qual era, con quanto v’avea dentro, nè alcun pirata trattò mai con tanta durezza». La canaglia, onde San Domingo rigurgitava, accorse a far baccano sotto la finestra di sua prigione, ed egli ne potè sentire le atroci imprecazioni; e gli indegni trattamenti cui lo sottoponeano il persuadevano d’esser destinato ad una morte ignominiosa. E Colombo traversò in catene quell’Atlantico, ch’egli primo avea dischiuso all’ingrata Europa.

Scrivendo queste righe, mi rammento le lacrime dirotte che, nell’età delle intatte illusioni, io versai nel leggere in Robertson quest’avventura. Da quell’ora sentii che la storia offre più da attristarsi che da consolarsi; e che l’uomo non è grande se non a costo della felicità.

Quelle catene Colombo serbò qual monumento dell’ingratitudine