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prendere scoperte. Giovanni d’Aguado, inviato (1495) per informarsi delle accuse, abusò de’ suoi poteri per darsi il gusto di tormentare un grand’uomo, e aggravare i mali di Colombo. Infermo e melanconico, questi vedeva dissiparsi i dorati sogni del primo viaggio, e sentì la necessità di tornare; ma inesperto de’ venti e curioso di esplorare altri paraggi, soffrì un tragitto di otto mesi difficilissimo per venti contrarj; e giunto, l’11 giugno 1496, vestito da frate e colla barba, andava umiliato, scaduto da quell’aura popolare che è così mutabile; per quanto cercasse egli ricuperarla col parlar sempre di quest’India e dell’Ofir raggiunto, e far mostra delle rarità portatene, troppo inferiori alle avide speranze.

I re intanto stavano occupati a menar intrighi in Europa; e per disputare un piccolo angolo di Francia o d’Italia profondeano i tesori e le navi, di cui mostravansi tanto avari quando aveano un mondo intero da guadagnare. Mentre Colombo, come tutti gli uomini di progetti, ardente e passionato sagrificava i vantaggi presenti al futuro splendore di sua impresa, Fernando, freddo e positivo, guidavasi coll’istinto dell’interesse; chiedeva oro, avendone bisogno per la sua politica sommovitrice; e trovandone troppo scarsamente alle sue domande, conveniva farne col vendere schiavi i naturali. Il contratto stretto con Colombo era a tutto vantaggio di questo; la Corona faceva le spese, egli ne traeva la gloria, voleva assicurarsi il vicereame di tutte le Indie, dacchè, per un accordo posteriore, egli trovavasi assolto dall’ottavo delle spese, che prima aveano dovuto gravitare sopra di lui. Eppure quando lo spirito pubblico alienossi da esso egli trovò appoggio alla Corte; malgrado le calunnie appostegli, i sovrani gli fecero buon viso, e gli concessero nuovi favori; la regina gli esibì un marchesato, ch’egli ricusò per non eccitar nuove invidie; il decreto che permetteva a chi che fosse di tentar viaggi e scoperte, fu cassato come lesivo dei privilegi di lui. — Nostra intenzione (dicevano quei regnanti) non fu mai di ledere menomamente i diritti di don Cristoforo Colombo».

Finalmente si combinò una terza spedizione; sostenuta da Isabella, che pur sempre conservava rispettoso favore pel grande scopritore. Però l’entusiasmo pubblico era sbollito; davasi ascolto alla maldicenza, e non che in folla accorressero volontarj, si dovè fare autorità agli uffiziali della Corona di levarne da qualunque bastimento mercantile credessero opportuno; Colombo stesso propose di caricarvi