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180 | illustri italiani |
il dono d’un nuovo mondo. Ivi Cristoforo vide rovinare l’estremo e più splendido ricovero dei Musulmani di Spagna; l’ultimo de’ re Mori deporre la corona ai piedi di Fernando e Isabella; Granata aprire le porte agli Spagnuoli vittoriosi; i colori di Castiglia e d’Aragona sventolare accoppiati dalle torri d’Alhambra.
«Tristo e scoraggiato in mezzo all’allegrezza universale, Colombo osservava con indifferenza e direi dispregio un trionfo che tutti i cuori colmava di gioja»1: ma quel trionfo lasciava campo e dava baldanza di pensare a’ suoi progetti, onde si cominciò a trattar seriamente con esso, e librare i patti che proponeva.
Alla boria spagnuola sapeva di strano che quest’oscuro italiano chiedesse patente di nobiltà e i titoli d’ammiraglio e vicerè de’ paesi a scoprirsi, quasi al genio fosse colpa aspirare ad onori che il caso solo della nascita dee dare; e gliene fecero rifiuto; ond’egli partì per la Francia al cominciar del febbrajo 1492.
A quest’estrema risoluzione tutti gli amici di Colombo si svegliarono; il ministro Luigi Sant’Angelo corse alla regina, e coll’entusiasmo eccitò quello di lei. La marchesa di Moja favorita di essa la esaltò collo stuzzicarne la gelosia, mostrando che, se Carlo VIII accettasse, tanta potenza, tanta gloria, tutti i tesori dell’India sarebbero della Francia. Fernando restava impassibile, ma Isabella vi si decise, e — Io assumo l’impresa per la mia corona di Castiglia».
Chiarita che due navi e trecento mila corone basterebbero, e che Colombo concorrerebbe ad un ottavo della spesa purchè gli si promettesse un ottavo dei vantaggi, la regina offriva le proprie gioje in pegno per raccorre quella somma; se non che gliela anticipò il ministro Sant’Angelo.
Quel desso, che dianzi fin i camerieri svillaneggiavano, ricomparve alla Corte, careggiato, onorato; plebi e cortigiani, razza imbecille o perversa, erano stati tramutati dal sorriso de’ sovrani. Nella cui intimità ammesso, Colombo sovente infiammolli al fuoco di sua immaginazione, trasportandoli a traverso i mari, aggirandoli in mezzo alle città dalle mura d’oro e dalle bastite d’argento, di cui Marco Polo semina il regno di Mangi; infervorando la lor fede col proporre d’usar quelle ricchezze a liberare il gran sepolcro di Cristo. Finalmente il 17 aprile 1492, il secretario di Stato presentò da firmare alle loro maestà la convenzione seguente:
- ↑ Clemencia, Elogio della regina cattolica.