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178 illustri italiani

uomo della Liguria potesse scoprire ciò che per tanti secoli e a tanti grandi era rimasto ignoto, gli spiriti non erano maturi a segno da comprenderlo; e d’altra parte la recente memoria dell’inganno di Lisbona rendeva Colombo pauroso che altri non tentasse ancora rapirgli la gloria; laonde nello sviluppare le sue proposizioni le velava ad arte1. Fatto è che al fine il consiglio pronunziò contro di lui.

Ciò null’ostante egli continuò a vivere alla Corte; le spese de’ suoi viaggi erano sovente pagate dal tesoro regio: ma gli anni passavano pieni di strepitosi avvenimenti politici, quali la presa di Malaga, la peste di Córdova, l’assedio di Siviglia, l’ordinamento delle nuove conquiste, per cui la Spagna restava redenta dalla servitù dei Mori.

Oltre le beffe del vulgo, che, quando passava, gli gridavano dietro el loco, el loco, cioè il matto, non mancavano a Colombo i sarcasmi di quegli abjettissimi grandi, che modellano il pensare o il sentire su quello de’ principi. I sussidj che riceveva erano troppo mortificanti per chi sentivasi capace d’arricchire i maggiori monarchi. Nel 88 il re di Portogallo cercò rappattumarsi con Colombo, e per lettera l’incalzò a tornare alla sua Corte; ma l’illustre avventuriero ulcerato ricusò. Bensì nel 1489 spediva in Inghilterra suo fratello Bartolomeo per tentare il re Enrico VII; e n’ebbe buone parole2.

A trattenerlo in Ispagna valeva un’altra ragione; l’amore. Era egli alto di statura e ben formato; portamento noblle ed elevato; naso aquilino, viso lungo, la cui tinta vivace pareva indicare l’ardore del suo cervello; i capelli, di color chiaro in gioventù, s’erano brizzolati prima del tempo fra le inquietudini di un’ambizione troppo spesso delusa; ma il suo sguardo pien di passione, il favellare che agitava tutte le fibre del cuore, aveano colpito la signora Beatrice Enriquez, nobile dama cordovana, e sebbene il matrimonio non avesse

  1. «I cosmografi (dice Fernando Colombo) non lo capivano come sarebbe stato bisogno; e l’ammiraglio, temendo non cercassero di rubargli la sua gloria come il Portogallo, spiegavasi con riserbo». Ed Herrera nelle sue Decadi: — Don Cristoval non isviluppava intero il pensier suo...; lo perchè la relazione della Giunta fu diversa da quel ch’egli sperava».
  2. Egli regalò ad Enrico VII una carta, e lo storico Hackluyt riferisce de’ versi che servivano di dedica:

    Terrarum quicumque cupis feliciter oras
    Noscere, cuncta decens docta pictura docebit ...