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162 | illustri italiani |
de’ naviganti; forse viaggiò alcuna volta alla Guinea, e di tutto faceva alimento al desiderio e al calcolo di estendere le scoperte in una sfera assai più ampia di quella ove si erano fin allora trascinate. Gli scopritori della costa africana non aveano fatto che seguire un continente piramidale, la cui costa ad oriente era già nota agli Arabi: ora Cristoforo preparava una conquista di riflessione, ideando di giungere in Asia per via non più tentata.
Ma povero di mezzi, come sperar di ridurre a realtà i suoi sogni? Intanto li covava, e vi cercava appoggio nell’opinione de’ savj antichi e moderni. Perocchè egli non procedette a caso, ma sempre chiedendo la sua via ai calcoli, ai ragionamenti, alle stelle, al mare.
Per quanto scarso ei fosse di letteratura e d’erudizione, conosceva che l’antica scuola italica diceva sferica la terra ed esistere antipodi; insegnamenti che, un tempo fulminati, allora divenivano sempre più comuni1. Se dunque la terra è sferica, uno potrà passare da un
- ↑ Gli antichi consideravano il mondo diviso in cinque zone: due gelate, due temperate, e fra esse la torrida, sempre ardente e inaccessibile, talchè non era possibile passare da una temperata all’altra.
Oltre la specificata distinzione che ne fa Cicerone nel sogno di Scipione, Virgilio nelle Georgiche lib. I, canta:Quinque tenent cœlum zonæ: quarum una corusco
Semper sole rubens, et torrida semper ab igni;
Quam circum extremæ dextra levaque trahuntur
Cærulea glacie concretæ atque imbribus atris;
Has inter mediamque duæ mortalibus ægris
Munere concessæ divum: via secta per ambas
Obliquus qua se signorum verteret ordo, ecc.Ma nel Pulci, Morgante, XXV, così il demonio Astarotte sostiene l’esistenza degli antipodi:
Sappi che quella opinione è vana;
Perchè più oltre navigar si puote.
Però che l’acqua in ogni parte è piana,
Benchè la terra abbia forma di ruote....
E puossi andare nell’altro emisperio,
Però che al centro ogni cosa reprime,
Sì che la terra per via di misterio
Sospesa sta fra le stelle sublime:
E laggiù son città, castella, imperio,
Ma nol cognobbon quelle genti prime:
Vedi che il Sol di camminar s’affretta
Dov’io ti dico che laggiù s’aspetta.