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prefazione | xiii |
Noi procureremo che il nostro riesca indipendente e spassionato, per quanto all’uomo è possibile. Ma ci pare che a torto gl’ipercritici odierni pretendano il biografo si spogli della propria individualità per tenersi passivo di fronte ai fatti che racconta. Sarà un eccellente metodo per raggiungere il vero, pure somiglia troppo alla fotografia, che ingrossa i tratti salienti e sbiadisce i delicati; mentre il ritratto, oltre la somiglianza del soggetto, deve rivelare l’abilità, l’intenzione, il pensiero del pittore. In somma l’autore domini la narrazione, anzichè farsi volontario prigioniero del suo soggetto; e lasci pure che la malizia del lettore sindachi parole e frasi staccate, riconosca allusioni personali, e perfidii sinistri segreti nell’anima.
Più arduo torna il giudicare de’ contemporanei, giacchè (oltre il mescolarvisi la passione e quella parte che ciascun di noi ha sostenuto nella storia corrente) l’occhio non vede ciò che tocca, e in ogni prospettiva è mestieri d’un certo intervallo per valutare ciò che uno vale, aspettando che siano dissipate le piacenterie e le denigrazioni contemporanee. Non turberemo mai le ceneri dei vivi, chè ben la Sapienza ci ammonisce come «chi al mattino canta le lodi del suo amico, avanti sera fia simile a colui che ne dice male». Ma pur troppo ogni giorno cancella dal libro della vita alcuno di coloro che ebbero personaggio negli avvenimenti, di cui noi stessi godemmo e soffrimmo.
V’ha taluni che la turba schiamazzosa vilipende, mentre quotidianamente vengono lodati e benedetti da un’altra turba silenziosa e ingenua, non complice di quella dotta astuzia, che sulla vita e sul carattere degli illustri vuol vendicarsi della superiorità ch’è costretta riconoscere alla loro intelligenza. Sciagurato egoismo, che ci trae a vituperare, a oltraggiare, se non altro malignare sull’intenzione, separando i detti dai fatti, e questi isolando e valutandoli colle simpatie o colle ripugnanze nostre. Nel despotismo inesorabile dei giornali, come conoscere un uomo, quando