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Cicerone 125

trina nè bastante pulitezza; i libri di Varrone, anzichè istruire, stimolavano ad istruirsi1; ce ne assicura Cicerone, il quale alfine presentò agli ultimi nipoti di Pompilio e di Cincinnato le raffinatezze della filosofia greca, ma sol come collettore delle opinioni altrui.

Allorchè potesse egli occuparsi della azienda pubblica, in questa si concentrava: n’era escluso? ritiravasi nelle sue ville di Tusculo o del Palatino, dove, senza perdere di vista Roma, dall’alto delle colline egli aveasi dinanzi un quadro vasto e variato, ricco di memorie storiche quanto di bellezze naturali. La pianura al suo piede era stata il campo di battaglia de’ re di Roma e della repubblica nascente, vedeasi sparsa de’ marmorei sepolcri dei patrizj e degli uomini consolari; lunghe linee tracciavano sul suolo le strade militari, calpeste dagli eserciti che aveano portate le aquile fin tra i Parti e gli Arabi; a destra prati, boschi, ruscelli; di sopra del primo terrazzo le bianche torri di Esulo, di Preneste, di Tivoli, graziosa ghirlanda sospesa a’ fianchi delle montagne sabine; a dritta, Alba coricata nella cuna di verdura, l’elevato monumento del Giove Laziale, le quercie d’Aricia, i pini di Laurento, infine il mare, coperto di navigli d’ogni nazione, che faceano scalo ad Ostia. In faccia potea contemplare la città eterna, la regina del mondo, i cui tetti, dorati da un sole magnifico, aveano per baldacchino il cielo d’Italia. Nè essa presentava allora i campanili e le cupole della moderna; ma i sette colli, divisi da mura, meglio distinguevansi l’uno dall’altro, e le statue degli Dei, erette su colonne e decoranti il fastigio dei templi, pareano un esercito d’immortali, pronti a difendere le sacre loro dimore. Dal lago Regillo alle porte di Tuscolo era pieno delle ville dei Balbi, dei Bruti, dei Catuli, de’ Metelli, de’ Gabinj, de’ Luculli, dei Lentuli, dei Varroni, de’ Pompei, dei Cesari, a dir solo quelle citate da Cicerone. Così dal suo ritiro l’oratore penetrava nel centro de’ più cari suoi interessi, vedeasi cinto dalle abitazioni degli amici od emuli suoi.

  1. «Multi jam esse Ialini libri dicuntur, scripti inconsiderate ab optimis illis quidem viris, sed non satis eruditis. Fieri autem potest ut recte quis sentiat, sed id quod sentit, polite eloqui non possit.... Philosophiam multis locis inchoasti (o Varro) ad impellendum satis, ad edocendum parum» . Cicerone, Acad. Quœst. I. Tra i filosofi latini non vogliamo preterire Corellia, lodata da Cicerone come «miriphice studio philosophiæ flagrans», e da lui amata troppo, se crediamo a Dione, lib. XLVI.