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viii | prefazione |
arti che coltivano. Fortunata la società che molti ne possiede! Ma la memoria loro perisce col suono della campana che ne annunzia la grande trasformazione.
Tra la folla di ecclesiastici, di guerrieri, di statisti, di scrittori, d’uomini del pensiero e dell’azione, creatori o promulgatori, ribaldi o santi, che trascinarono la catena delle speranze dalla culla alla tomba, grandeggiano alcuni, i quali pajono predestinati a rappresentare cogli atti e colle parole alcuna delle verità immutabili e vivificanti, le quali sono la potenza vivificante della società, il fondamento della lealtà e della coscienza: e che, malgrado l’ignoranza o la degradazione del secolo e i loro medesimi traviamenti, restano immortale e pura conquista dell’umanità, o ne ajutano il faticoso ma ineluttabile progresso. Ben può l’invidia spruzzar della sua bava, e mescer la cicuta a quelli che studiano non per tradire ma per iscoprire tali verità; il loro esempio produce la rigenerazione della patria e la ricostituzione dell’edifizio sociale coi rottami lasciati dalle rivoluzioni.
Sì nobili emozioni non si provano soltanto al contemplare personaggi eccezionali, qualità segnalate; anche dalla conoscenza d’uomini mediocri, di accidenti comuni, di non rare qualità si gode comprendere che il bene e il giusto vanno preferiti alla riuscita; si amano le resistenze legittime, le virtù modeste e sperimentate, la perseveranza nel bene, comunque infruttuoso. Esaminando l’altrui, si intende meglio la vita propria, si impara a rassegnarsi alle prove che ne sono inseparabili, ad affrontare la persecuzione de’ forti, la calunnia e, forse più dolorose, l’ingratitudine e l’indifferenza de’ fratelli; e tra i fatti melanconici del presente acquistare la convinzione che troppo spesso la potenza dell’uomo è massima, minima la sua volontà.
Ogni anima gentile avrà dovuto stomacarsi nel vedere, nella immensa organizzata ciarlataneria odierna, se non basta l’inverecondo spettacolo della menzogna e della bassezza ufficiale,