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94 illustri italiani

Greci, dopo esaurite tutte le consolatorie che la scuola insegnava e di cui Cicerone stesso faceva parata nelle filosofiche disquisizioni, mettevano in campo sogni ed augurj per assicurarlo di un sollecito richiamo. Aspettando il quale, si conduce a Tessalonica: quivi piange, si dispera, desidera morire, vuole uccidersi; tutti modi di far parlare di sè quando teme che il mondo se ne dimentichi.

Clodio, esultante come d’un trionfo, fece decretare bandito Cicerone a quattrocento miglia dalla città e confiscati i suoi averi, demolirne la casa e le ville, e consacrare dai pontefici l’area dov’erano sorte, sicchè più non potessero venirgli restituite. Dov’erano allora gli amici, i beneficati di Tullio? dove i cavalieri ch’egli avea messi in istato? Tristo il paese dove non si osa chiarirsi pel perseguitato! sciagurata libertà dove l’ingiustizia fatta ad uno non si considera torto comune!

Ai triumviri più non rimase ostacolo; ma Clodio era una lama che tagliava anche le mani che la impugnavano. Fattosi da Lucio Flavio consegnare il figlio di re Tigrane affidatogli da Pompeo, il rimandò in Armenia, fomite di turbolenze: Pompeo se ne tenne insultato, e pensò vendicarsi dell’audace demagogo col revocare Cicerone.

La proposta fu dal senato ricevuta siccome una rivincita sopra la parte popolana. Quando venne sporta alla plebe, Clodio comparve nel fôro circondato da’ suoi accoltellatori per atterrire gli amici di Cicerone, per frapporre, come dicea questi, un lago di sangue al suo ritorno: ma Tito Annio Milone, italiano di Lanuvio e genero di Silla, collega di Clodio e non meno manesco, fece altrettanto: e mentre le due masnade stavano guatandosi in cagnesco, il richiamo passò.

A volo Cicerone fu a Roma in un vero trionfo (anno 57), del quale non prenderà meraviglia chi veda anc’oggi la leggerezza di moltitudini che festeggiano del pari un pontefice e un tavernajo. Per verità i quotidiani battibugli aveano stanco a segno, che non Roma solo, ma tutta Italia desiderava riposo, e avea chiesto il richiamo di Cicerone come una riscossa contro la violenza, e perchè egli era simbolo della libertà regolare, dell’inalzamento d’un uomo nuovo contro la fazione patrizia cui appartenevano Catilina, Clodio, Cesare, delle volontà comuni e moderate contro le personali e violente. Già quando si erano posti all’asta i suoi beni, nessuno avea voluto dirvi: allora poi tutte le città municipali, tutte le colonie sul suo passaggio gareggiavano