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88 | illustri italiani |
ciurma di viziosi, volenti null’altro che lo sterminio e il saccheggio. Cicerone fu salutato salvator della patria; eppure la patria, di cui egli restava campione, periva. Sallustio, mal arnese, pigliò quella congiura per tema d’un racconto, ove sfoggiare massime e parole vecchie e un poco d’astio verso Cicerone, senza per altro rivelare le cause vere, per le quali cotesta, al dir suo, non altro che combriccola di capestrati, era potuta divenire pericolosa alla repubblica1.
Cesare, svergognato dal dubbio d’aver mestato in quel sudiciume, ma salvato dall’importanza che già erasi acquistata, continuò l’opera a quelli fallita, ma con arti più generose e larghe; presto fece pas-
- ↑ Il racconto nostro dee aver mostrato le incertezze che rimangono sopra la natura e l’estensione del delitto stesso. Su quella congiura abbiamo testimonianze incidenti di molti; più estese, sebben tarde, di Appiano, Dione Cassio, Plutarco e Svetonio, che tutti recano qualche nuova particolarità; contemporanee quelle di Sallustio nella Catilinaria, e di Cicerone nelle famose arringhe. Sallustio era devoto a Cesare, e scriveva per arte più che per istudio di verità; e come avverso a Cicerone, non disfavorisce troppo Catilina, sebbene ostenti morale col disapprovarne i vizj. Cicerone è un regio procuratore, che vuole dimostrar rei gli accusati. Se ci restassero la storia del suo consolato e le lettere sue di quel tempo, ne trarremmo certo maggior lume che da passionate arringhe. Delle Catilinarie i moderni filologi impugnano l’autenticità, or di alcuna, or di tutte, scoprendone cattiva la latinità, infelice l’arte, e dichiarandole opera di retori. Gli eccessi della critica ci muovono a sdegno collo strapparci quelle ammirazioni che concepimmo fin dalle scuole: pure è forse vero che le da noi possedute non sono proprio le recitate da Tullio, quantunque si sappia ch’egli medesimo aveva introdotto nel senato gli stenografi per raccorre gli atti verbali. Ad ogni modo, tanta vi appare la cognizione de’ fatti speciali, degli usi, delle leggi, tanta la corrispondenza con altri passi di Tullio e nelle orazioni e nelle lettere, che diventa assurdo l’attribuirle a qualche frate del medioevo, o a qualche retore posteriore; resterebbe di farne merito a Tirone, il celebre liberto e secretario di Tullio: lo che, se pregiudicherebbe al concetto artistico, non diminuirebbe la loro validità storica.
Sulla congiura di Catilina fecero riflessioni in senso diverso, oltre gli storici, Saint-Evremond, Saint-Real, Mably, Gordon, Montesquieu, La Harpe, Vauvenargues, Napoleone (Mèm. de Sainte-Hélène, 22 marzo 1816). Una buona storia ne tessè Sèrant de la Tour; e a tacere quella debole di un anonimo, una completa ne pubblicò Prospero Merimée, Études sur l’histoire romaine. Crebillon e Voltaire in Francia, Ben Johnson in Inghilterra, ne trassero soggetto di tragedia; e un dramma giocoso Giambatista Casti. Gomont, traducendo poc’anzi in francese la Catilinaria di Sallustio, si credette in dovere di protestare che non faceva allusione a fatti del 1848 e posteriori.