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80 illustri italiani

son io al certo, stratto da gente nuova, non appoggiato di aderenze: ma la popolarità non consiste nel sommuovere con larghe promesse; bensì la pace, la libertà, il riposo sono i beni inestimabili che io voglio far goder al popolo. Cotesto Rullo, orrido e truce tribuno, a pezza lontano dall’equità e dalla continenza di Tiberio Gracco, che cosa pretende colla legge agraria? gettare in gola alla plebe i campi per depredarne la libertà, arricchire i privati spogliando il pubblico. I decemviri restano convertiti (quale orrore!) in dieci re, che una nuova Roma meditano erigere in Capua; in quella Capua la quale già un tempo aveva osato chiedere che uno de’ consoli fosse campano, e che, lieta di posizione e di territorio, si fa beffe di Roma, piantata su monti e valli, trista di vie, con angusti sentieri, con povera campagna». Così solleticando tutti i pregiudizi, Cicerone vinse la causa: ma la sua popolarità ne rimase scossa.

Un altro tribuno, Roscio Otone, propose che ai cavalieri si assegnasse posto distinto ne’ giuochi. Ne spiacque talmente ai plebei, che dai sibili si stava per venire ad aperta sommossa, quando Cicerone ricomparve alla ringhiera, e sì bene parlò, sì bene confuse l’ignoranza della ciurma, la quale osava fare schiamazzo fin mentre il gran comico Roscio recitava1, che il popolo s’inghiottì la proposta di Otone.

Cajo Rabirio, fazionere di Silla, quarant’anni prima aveva ucciso il tribuno Lucio Apulejo Saturnino, allorchè i cittadini in massa furono chiamati dal senato a prender le armi per Mario e Flacco. Contro di lui, or vecchio e senatore, Giulio Cesare per mezzo di Tito Labieno portò accusa, dove si trattava nullameno che di sminuire al senato il diritto d’affidare la plenipotenza ai consoli colla legge marziale. Cavalieri e senatori, avvedutisi del pericolo comune, pagarono Cicerone per difendere l’imputato: ma l’eloquenza di lui, l’orrore che sparse contro i sommovitori della pubblica quiete, le lodi che profuse a Mario «padre e salvator della patria, vero procreatore della libertà e della repubblica», nol salvarono dai fischi

    repubblica, vi faranno vendere i campi che re Mitradate possedette nella Paflagonia, nel Ponto, nella Cappadocia: e non pare che inseguano l’esercito di Pompeo coll’asta del banditore, costoro che propongono di vendere i campi stessi dov’egli or agita la guerra?» De lege agraria, I.

  1. Macrobio, Saturn. II, 10. Vedi le orazioni contro Rullo e Pisone.