Pagina:Italia. Orazione detta la sera del 13 marzo del 1917 al Teatro Adriano in Roma.djvu/35


― 33 ―


Dunque eri tu la medesima, o anima soave, che insegnasti alle turbe erranti dall’Asia come si adora il mistero, fra le finestre delle selve: eri tu stessa, che propagasti la civiltà, celata nel cuore dei legionari. Eri tu stessa che il barbaro non potè uccidere; eri tu che rinascesti nella mite umanità che il tutto bello adorava. Eri nel popolo: tu eri nel suo cuore, tu eri nello scrigno di diamante che i ghiacciai dell'Alpe eternarono quando te, madre, fecero sorgere dal mare!

O anima umile e francescana che nulla domandi; come io vedo radioso di bene il tuo destino!

Quanta possanza insuperabile con l’armi è nella tua franchezza!

Tu proba; tu rassegnata nella difficoltà!

Tu umile anche quando pronunzi il nome della madre tua!

Tu laboriosa e paziente: hai le mani fatate: e tutto ciò che tocchi si trasforma in bellezza!

Tu sei vissuta ignorata accanto al focolare e sei rimasta illibata in lunghe êre di lupi!

Tu non intesa e sospinta a branchi, hai percorso, incatenata dalla tua miseria, ma serena nella tua speranza, le vie dei miliardari, come una galeotta innocente!

Gl’ingordi re della ricchezza mondiale, sapevano più dei tuoi maggiori il tesoro che tu recavi; e ti pagavano in oro, ma non in conforto e in considerazione, perchè tu non risorgessi!

Quante volte, in quei lontani deserti della civiltà fragorosa, non hai teso l’orecchio sperando di sentire una voce che dicesse nella tua dolce lingua: È