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172 | Di Corinalto ne i Senoni. |
al suo servitio chiamato, nelle guerre, che à gli Ottomani faceva, la carica di supremo Ingegnero, e Tenente Generale dell'artiglierie gli diede; ne' quali officij sino al caso del detto Prencipe si trattenne: Di dove incontinente fù da Ridolfo Imperatore alla medesima carica richiamato, & all'ambito grado di Consultore di guerra, à cui sempre servì con tal utile del Romano Imperio, e de' Christiani d'Europa, che chiuse co' suoi disegni al fiero Trace il passo in Ungaria, oscurando in quel Cielo la Ottomana Luna, e pose à i rapidi fiumi della violenza sua in quella parti, oltra il Danubio, le mete, e gli argini. Et affinche da quello queste non mai s'aprissero, ne compose un grosso Volume, e diedelo alle Stampe, co'l Titolo alla Dottrina, che in esso insegna corrispondente, il quale in frontispicio contiene
Il Turco vincibile in Vngaria.
Et oltre à questo, pose anco alla luce il Libro intitolato
Le Mecaniche antiche, e moderne.
E quello dove si raccontan i fatti di Giorgio Basti nella Valacchia, utilissimi tutti à Christiani per conoscersi in quelli le vie da difendersi da gli Esserciti numerosissimi di quei cani, i quali usan gran forza per inondarci, e far di Christo i sacri Tempij non che Moschee, mà stalle. Morì questo Capitano glorioso nella Fortezza di Luano, mentre disegnava i posti dove si dovevano collocar l'artiglierie per colpir l'inimico. Lasciò la sua morte tutta la Corte Imperial sconsolata, e tutte le militie Christiane confessavano haver da esso la salute assai volte, per l'accennate ragioni, goduta; e con esso mancò nella linea mascolina in Corinalto la Casa Tarducci: ben che di presente fiorisca in Mondavio, ove andò ad habitare Pandolfo fratello germano di Pier'Antonio, da cui sono discesi Cavaglieri, Dottori, ed altri Soggetti degni.
enedetto Fontini fù Poeta raro, Iurisconsulto, e facondissimo Oratore; Onde spedito più volte dal suo Publico à diversi Prencipi Ambasciatore, riportonne sempre benigne le desiate gratie: specialmente da Clemente Ottavo Sommo Pontefice più di una volta, e da Francesco Maria della Rovere Secondo Duca d'Urbino, appresso alquale concluse gli aggiustamenti della descritta lite, per tanti lustri, e secoli (come sopra scrivessimo) trà Mondaviesi, e Corinaltesi agitata. Perciò da suoi Concittadini fù singolarmente amato, e riverito. E la sua morte, che non molti Anni à dietro in Corinalto successe, à tutti fù di rincrescimento grande.
Lasciò