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Libro Terzo. | 153 |
questi come generoso, più stima assai di Giulio della Rovere Cardinale d'Urbino, che di ricchi guadagni, à lui da Parigi se'n venne, tanto nell'ufficio di Auditor, e Consigliero servendolo, come nella privanza, sino all'Anno 1573. Mancando poscia questo Prencipe, per Breve speciale di Gregorio XIII. dato lì 9. di Novembre, l'Anno detto 1573. che appresso gli suoi medesimi parenti si serva, fù alla carica posto di Bibliotecario della Libraria Greca nel Vaticano; e perseverandovi molti Anni, anche dopò la morte di Gregorio, divenuto assai vecchio vi morì. Ricusò più volte ricchi Vescovadi, Arcivescovadi, & altre Dignità più stimate nella Chiesa Romana, riputandosi per la sua profonda humiltà indegno di questi honori, dà altri ambiti. Mentre ch'egli soggiornò alla Corte fu più volte spedito Ambasciatore à diversi Prencipi da Gregorio sudetto, e da Sisto V. tanto in Italia, come fuori; specialmente al Battori, Prencipe di Transilvania, con cui trattava importantissimi secreti, all'augumento della Religione Christiana, & alla diminutione della Ottomana potenza. Trà l'altra cognitioni c'hebbe quest'huomo essimio delle Scienze men conosciute, fu perfetto Astrologo; e molti effetti, che dalle Celesti cause naturalmente procedono, ei predisse, i quali dal suo Pronostico non variarono punto. Fù profondissimo Filosofo, e Teologo celebre, versatissimo ne i Sacri Canoni. e nelle Leggi Civili. Nella Cosmografia avanzò tutti gli altri, che sino al suo tempo ne scrissero; come certa testimonianza ne fanno le maravigliose descrittioni della Terra, ch'egli con incredibile proportione disegnò nella Galaria famosa del Vaticano. Scrisse sopra le Illiade d'Homero nell'idioma Greco; e nel medesimo cantò d'Athene, di Corinto, di Creta, e di Sparta il miserabil fine; di Dione la morte; i vitij, & le virtù d'Alcibiade; l'espulsione di Dionisio; la crudeltà di Fallere; la forte di Agatocle; la pena di Perillo; e di Arione il caso. Di Segesta, e d'Himeria gl'incendi atroci, di Eraclea, e di Agrigento le ruine acerbe; E queste manuscritte io vidi l'Anno 1603. in mano di Francesco Burnori suo nipote, Rettore di Corinaldo; Et al presente (stimo) in mano de' suoi heredi si trovino. Morì Viviano di meriti, e di Anni ripieno, sotto il Pontificato di Sisto Quinto; lasciando per la sua morte non meno la Patria, che tutta la Corte in lutto; la qual'havendo delle sue antiche attioni fresca memoria, sino à questo dì, viene la sua morte compianta.
arco Antonio Fata eminente Dottor di Legge, dopò haver varij officij di Governo in molti luoghi principali d'Italia, essercitato, conosciuto il merito del suo sapere dal Vicerè di Napoli, al tempo, che tutto quel Regno veniva in ogni parte invaso dalle scorrerie de' ladroni, che crudelmente mettevano ogni cosa à sacco, fu proposto à Filippo II.
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