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116 | Di Corinalto ne i Senoni. |
le viti, si dispersero i frutti, s’uccisero gli animali, e con terrore de gli huomini parevan quasi sfidar à guerra il Cielo, che con salve di tuoni, misti frà lampi, e baleni squarciando le nubi, sopra i Corinaltesi campi grandinava globi di fuoco, e di tempesta gelata; & il giorno fattosi oscurissima notte sembrava di quello haversi con spavento d’ogn’uno usurpatesi le ragioni, & in guisa tale ridusse ad isterminio il tutto, che per molti Anni seguenti, da si fatto accidente i frutti malamente sferzati, non ardiron dal grembo della lor Madre uscire. Molti altri eventi sono in questa Terra, e suo contado in diversi tempi accaduti, i quali si come meravigliosi, e stravaganti furono; così parimente à gli habitanti ben noti: mà non havendo portato alcun danno al Pubblico, hò giudicato esser meglio con silentio passarli, che (di particolari, à quali per loro disavventura sono avvenuti) con qualche offesa narrarli: onde quì fermando la penna pongo fine al presente Discorso.
CAPITOLO XXIII.
Del tempo, che Suasa, & il Contado, [che hora è di Corinalto] ricevè la Fè di Giesu Christo, e delle Reliquie Sante, che in esso ritrovansi.
el tempo, che i gloriosi Apostoli Pietro, e Paolo attendevano à fondare la novella Chiesa di Roma; acciò che per tutta Italia presto si diffondesse, molti huomini saggi, e di esperimentata bontade inviarono à predicare la Fè di Christo, & il sacrosanto Evangelio per ogni Provincia di essa.
A questa de’ Senoni fermamente si tiene che alcuni di quelli mandassero, che di Christo furono Discepoli diletti; per essere questa Contrada nell’umbelico quasi dell’istessa Italia, e da gran Nobiltà romana habitata: si come à Senoni della Gallia Transalpina, che pur da Roma erano assai distanti Savignano, e Potentiano mandarono, i quali dal medesimo Christo ascritti furono nel Catalogo de gli settantadue Discepoli, come il Lipomano accenna appresso Giacomo Massandro, & es
pressamente