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142 Dell'Historie de' Galli Senoni.

in cui per suo diporto alcuni mesi dell’Anno risedeva; e dopò lui hanno l’istesso fatto i Successori, e più d’ogni altro Francesco Maria Secondo, & ultimo Duca d’Urbino, che di continuo quasi, con la sua numerosa, e nobilissima Corte habitandovi, à i Cittadini affettionossi in guisa, che ne gli officij de i reggimenti di Stato, non meno appresso la sua Persona, che ne i luoghi alla sua Giurisdittione soggetti, à tutti gli altri suoi suoi sudditi preferiva. Quivi mentr’egli visse, tenne per delitie un’amenissimo Barco, di alte, e di grosse muraglie racchiuso, e dall’onde Metaurense inaffiato in più parti; nel cui mezo un devoto, e venerando Monasterio di Religiosi Osservanti di S. Francesco trovandosi, sovente vi dimorava, passando l’avanzo del tempo de i negotij più gravi parte in Orationi, e parte in favellar di lettere con quei venerandi Padri; i quali (come ch’erano i più saggi di quella Religione) sapevano assai bene di quel devoto, e sapientissimo Prencipe incontrare i gusti, & appagarlo in tutto. Per maggior suo trattenimento sendosi egli privo de i solazzi gustevoli della caccia, e del cavalcare, di cui grandemente dilettossi da giovane, introdusse in Castel Durante la Religione de’ Chierici Minori, à’ quali consegnò la Chiesa del Crocifisso, fuori della Porta del Barco, con sofficienti entrate da potervi alimentare dodeci Religiosi; i quali trovandogli in ogni speculativa, e morale scienza eruditissimi, diede la sua privanza; e con la prattica lunga, verso la buontà di quelli crescendo l’affetto, lasciò loro, dopò la morte sua due cose, le più pretiose, che stimasse al Mondo, che fù il proprio corpo, fabricandosi per questo, mentre che visse, nella Chiesa loro la Tomba: e quella famosissima Libraria, la quale con infinita spesa fè di tutti gl’impressi Libri, da che il Magontino Giovan Catè ritrovò le stampe, sino à i correnti giorni. Dentro un Colle, che alle radici del Monte Berticchio, sopra la pianura del Barco si estolle alquanto, edificò un Palazzo, degno di essere da un suo pari habitato; nel cui circuito un delitiosissimo Giardino teneva in coltura. E nel Monte medemo gran copia di Cervi, non men che di Capri, e Daini teneva nel descritto Barco; alla caccia de’ quali, mentr’egli più vigorosi hebbe i pensieri attendeva molto: anzi, che gli suoi più favoriti Corteggiani facessero il medesimo prendeva il diletto. Quivi finalmente questo Signore ottagenario mancò, l’Anno 1631. nel mese d’Aprile; il cui cadavero con essequie solennissime, con lo Scetro in mano, e con la Corona in capo, di manto Ducale coperto fù (conforme disposto haveva) sepolto nella Tomba, che fabricossi vivente. Mancando in esso la Signoria di Casa Rovere; sicome la sua morte à tutta Italia increbbe, e dal suo Stato universalmente fù pianta; cosi assai più doglioso à Durantini si rese, per li danni che provare dovevano, per l’avenire privi restando, & Orfani del Padre amato, e tutelar della Pa

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