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Libro Secondo. 103

Mà questa, bugiarda essendo, alla comparsa in Italia de i Celti schiodolla, e Fano come l’altre città di quella Contrada, gettò co’ gli suoi divoti Adoratori, di tutte le calamitadi al fondo: perche da quelli furono i Fanesi cacciati, perseguitati, e morti, & le reliquie loro senza patria trovandosi, raminghi, andarono per gli altrui paesi à mendicarsi il vitto. Trovandosi dunque senza che l’habitasse, fù questa Città da Celti sprezzata; Indi fatti bersaglio del tempo gli suoi alteri edificij, non potendo quelli resister più oltre, cascarono ruinati per terra: si che di velenosi animali, e truculenti fiere misero albergo divenne, come ad ogni altre Città, che à Senoni restarono in questa Regione soggette. Risorse finalmente dall’accennata ruina, quando i Senoni da’ Romani cacciati, fù delle vittoriose militie data in potere; dalle quali in tal bellezza rifatta, passandovi Cesare il Dittatore sopra modo affettionossi ad essa: che si compiacque l’Anno di Roma 708. dedurvi una Colonia de suoi più cari amici; Onde vien perciò da gli Scrittori Colonia Fanestre appellata, e da Pomponio Mela in particolare de situ orbis. Morto nella congiura Cesare, Augusto, suo figlio legale, verso di essa l’istesso affetto continuando, di molti Privilegij honorolla, facendola di forti muraglie cingere, con una Rocca inespugnabile, e facendovi fondare non solo il nobilissimo Tempio, che à Giove Massimo consacrò; ed altre simili sontuose strutture: mà etiandio per habitatione sua la casa Imperiale, ove dimorò finche la via Flaminia risarcisse, co’ gli suoi, Et alla sua casa aggregandola, di Giulio Fanestre volle che godesse il nome. Nella felicità primiera tornato Fano, in quella perseverò, intorno à nove lustri sopra quattro secoli: mà passandovi con l’Essercito lo sdegnato Alarico, fatto sua preda, restò in poter de’ Goti, da cui per ordine del crudel Vetige demolito fù, e ridotto in cenere. Mà non soffrendo Belisario, Duce delle Greche genti, che sito cosi nobile, privo d’habitanti restasse, dalle ceneri tosto rilevollo; e fortificato, come di Propugnacolo invincibile contro il nemico detto, per se lo tenne. Cessate poscia le miserie con la morte di Totila, e quello restando in pace; à gli Essarchi in Ravenna soggiornanti si fè soggetto, benche per mala sorte vi dimorasse poco; essendo per ordine di Astulfo Re de’ Longobardi occupato, da cui fù poi anche (sforzato da Pipino) con molte altre Cittadi alla Romana Chiesa restituito; alla quale da i giusti Imperatori Carlo Magno, & da Lodovico Pio il possesso gli fù confermato. Quivi per Decreto particolare dal medesimo Lodovico Pio venne un Magistrato eretto, dal quale all’altre Città delle Pentapoli, ed Arimino: da che Fano con titolo giusto, Città della ragione fù chiamato. E dopò infiniti successi, trovandosi egli sotto l’Imperiale Dominio, da Ottone Quarto fù ad Azzo da Este conceduto

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