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Libro Secondo. | 101 |
Roma, (che hoggi volgarmente le sette sale communemente si nomano) differenti. Mà di questi, un’altro assai più degno, che della meraviglia si fà oggetto, sotto il terreno, fuor delle mura scorgesi, nel medesimo essere fabricato; il quale, ove d’Hidofilace stà frà le ruine la famosa Torre, pigliando l’acque dal Metauro, e tutta quella gran pianura intersecando si porta nel Mare, al luogo, in cui da Cesare Augusto il famoso Porto aprissi che poscia fù dall’invido Goto serrato; & da’ Fanesi (benche dal primiero assai differente) con grande spesa in questi giorni rifatto: del cui Porto l’accennato canale servì d’emissario, & di sicurezza. Et oltre queste cose, mille altre simili vedonsi, che delle grandeze antiche ritengono i vestigij, singolarmente i marmi scritti, che non solo quì serbansi, mà in Pesaro etiandio alcuni altri si trovano eretti: ove dall’una, e dall’altra Cittade veggonsi gli Elogij, che à questa, & à quella mirabilmente diedero i Romani; come nelle Historiche Notitie da Salvadore interpretare si leggono. Che se alle memorabili rovine antiche, che sfuggite sono al tempo, fede si presta; senza dubbio Nobilissima fù questa Città, sin da gli antichi secoli. Quindi avvenne, che da molti vecchi Scrittori, supponendosi questo, come principio noto, con brama curiosa vanno di essa l’edificatore cercando, per cerebrarlo, come Autor Heroico di opra si degna. Gabino Leto (come già dissi) à Picenio Fano, questa gloria dona, & afferma, ch’egli inanti al Parto della Vergine, l’Anno 708. in questi lidi l’erigesse, cosi scrivendone: Phanum Civitas nobilis, iuxta litus Maris Adriatici, à Pisario Fannio Duce, Anno quadragesimoquarto, ab Vrbe condita, vbi post tempus Templum Egregium erexere, in quo honorificijs pompis, Fortunam, coluere. Altri vollero, che i Pelasgi, l’Italia inondando, quivi l’habitationi, per lungo tempo fermassero. Non mancò parimente, chi senza fondamento dicesse, come i Senoni questa Regione possedendo, habbian Fano co’l Tempio della Fortuna edificato, come qui sotto scrivendone: Celte Galli patrijs sedibus relictis, huc penetrant, sedesque hic ponunt; Templumque Fortunæ, cui id acceptum ferunt, ædificant: Et oltre à questi, cento altri, diversamente di tal’origine parlano, che quì à raccontarli troppo sarei prolisso, come che senza base del vero i detti loro, si scorgono veraci le prove, non tanto dentro gli scritti marmi, sin da gli antichi secoli, i quali apertamente l’affermano (come diremo) quanto nelle rovine de i più vecchi edificij, che in quel recinto si trovano; specialmente nel Tempio della Fortuna, ove parte del Pavimento, già trofeo del tempo si vede; nella compositione del quale (ch’è di picciole, e fine pietre) chiaro riluce il magistero Tosco: e più ne i caratteri, che parlando esprimono: Phanum Fortunæ, dentro il
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