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Libro Secondo. | 93 |
glianti cose, che in uno l’antichità, e la grandezza di Pesaro testificando, quasi ridutte in cenere, di esso con mutola facondia, involte nel silentio, ragionano. Et assai più di queste lo dimostran le pietre; mentre da lor caratteri si raccoglie, che quivi furono i Pontefici, i Flamini, gli Auguri, gli Epuloni, e tutto l’ordine del Sacerdotio Romano. Come anche i Decurioni, i Consoli, i Prefetti, i Tribuni de’ Soldati, e dell’armate, con tutti gli Magistrati, che in quella età primiera, in una ben governata Città si trovavano.
Si godè Pesaro, sotto l’Impero d’Augusto quella grand’abbondanza di pace, che fù à tutto il Mondo commune. Indi questo Imperatore mancato, sotto il Dominio passò di Tiberio, e di mano in mano sotto la Signoria d’ogni altro, che tenne del Mondo l’Impero, sino ad Honorio, à i Decreti de’ quali sempre ubediente si rese, purche dalla commune salute non fossero deviati: peròche, questi come ingiusti, ed empij, sprezzando, con sommo ardor, e costanza abbracciò di Christo la vera fè col Battesimo: La onde avenne, che molti de gli suoi Cittadini, nella primitiva Chiesa questa verità protestando, co’l Martirio loro detta Città illustrarono, e cosi dal proprio sangue lavati di palme adorni, e della stola purissima del mansueto Agnello coperti, quai purissimi Cigni saliron al Cielo; singolarmente l’inclito Martire Terentio, l’Anno di Christo 247. E dopò esso i due germani Recentio Vescovo, e Germano Diacono, i quali havuto havendo nella gran Bretagna, da una stessa Madre in Terra i natali, più che Madre pietosa nutrilli Pesaro, con alimenti eterni. Destrutto Masenzo, e tutti gli altri dal Magno Costantino, i quali con titolo regnavano d’Imperatore: questa con altre Città passò col dono in Dominio de i Romani Pontefici, à quali, con indicibile divotione ubediente si rese; ne senza mai la dovuta riverenza lasciare, perseverovi, de gli suoi Cittadini, con incredibil contento, sino all’inondatione de i Barbari Settentrionali, da’ quali con infinite scorrerie afflitta, fù al loro Impero Barbaro soggiogata: e dal crudel Vetigi ridotta finalmente in cenere (come racconta Procopio nel terzo libro de bello Gotico) benche Belisario di Giustiniano Imperatore Capitan Generale, di repente occupato quel sito, adonta di Totila, che con tanto sforzo s’oppose, la riedificasse, & di un grosso numero di brava gente, sotto il commando d’Artabase, la presidiasse (al riferir d’Agathias de bello Gotico) il qual’essendo Capitan valoroso l’Anno 544. vedendo, che Leuthese Gallo, con infiniti armati della natione, trionfante ritornando in Gallia dalla saccheggiata Italia, dava senza discrettione al Territorio Pesarese il guasto, con tal’ordinanza incontrollo, che tosto di quello scompigliate le schiere, à vergognosa fuga lo spinse; necessitandolo lasciare à i vincitori le spoglie, con gli prigionieri d’Italia, per non rimaner esso de’ Pesaresi captivo.
Riposo