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92 | introduzione |
Costituzioni Imperiali che ci sono state conservate sia per mezzo delle citazioni dei Giureconsulti, sia per mezzo di alcune Collezioni che ne furono fatte nell’epoca, che per noi costituisce il 4° periodo della Istoria del Diritto Romano. Non essendosi rinvenute in siffatte Collezioni, Costituzioni anteriori all’Imperatore Adriano, si è creduto un tempo da taluno, che prima di quello Imperatore non ne fossero emanate; tanto più che avanti di lui, si trovano tuttora ricordati dei Plebesciti e dei Senatusconsulti. Ma questo è un errore, che si dilegua con la semplice lettura delle Pandette.
D) Edicta Magistratuum.
§ 145. Gli Editti dei Pretori, e degli altri Magistrati che godevano dell’Ius edicendi, sono fonti di diritto eziandio nell’attuale periodo. Gli Editti dei Pretori, di anno in anno più o meno modificati, sul finire del periodo antecedente contenevano molti principj non sempre, nè tutti fra loro concordi, come pure alcune regole, omai andate in dissuetudine. Servio Sulpizio, contemporaneo di Cicerone, per fare sparire queste incongruenze, si diede a riordinare l’Editto, sceverandone quello che poteva esservi di antiquato, e di contradittorio. Ofilio suo discepolo, poco dopo anche più diligentemente compose l’Editto, (edictum composuit). Ciò non pertanto il lavoro più notevole intorno all’Editto, fu opera di Salvio Giuliano, Giureconsulto celebre e Pretore ai tempi di Adriano. Fino alla fine dello scorso secolo si insegnava, che Adriano aveva comandato a Salvio Giuliano di raccogliere tutti gli Editti dei Pretori, di sceglierne il meglio e di comporne un solo Editto; si aggiungeva, che quell’Imperatore aveva pubblicato come Legge (rivestita d’autorità uguale a quella delle XII Tavole) il lavoro di Salvio, dandogli il titolo di Editto perpetuo, per indicare che doveva essere sempre e per tutto rispettato, e che i Pretori non avrebbero potuto per l’avvenire alterarlo in cosa alcuna. Quest’opinione sostenuta dall’Eineccio e dal Bach, e da molti loro seguaci, ebbe un valente contradittore in Gustavo Hugo, il quale ne dimostrò la esorbitanza. È certo, che gli scrittori antichi