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fallite. Il Cav. Di Sambuy pubblicò sul tal soggetto una interessantissima memoria che venne alla luce nel Bollettino consolare e di poi nella Rivista marittima.

Sulle coste della Francia occidentale l’avvicendarsi delle maree permette al coltivatore d’innalzare i recinti degli ostricari, di collocare i collettori, di ripararli quando occorra, di seminare e raccogliere le ostriche e di eseguire ogni altra operazione relativa all’allevamento, sempre all’asciutto. Lungo i lidi italiani invece, il flusso e il riflusso, essendo poco o punto sensibili, tutte queste operazioni dovrebbero effettuarsi sott’acqua e quindi con gravissimo dispendio. Per la medesima ragione la sorveglianza degli ostricari non potrebbe essere abbastanza attiva.

Con ciò non voglio dire che l’industria ostrearia non sia possibile in queste condizioni; ma credo che prima di conseguire qualche risultato utile si richiederebbero, in generale, costosi lavori di preparazione e molte e svariate prove preliminari.

Perchè un tratto di mare non situato in un lago o stagno, si presti all’esperimento dell’ostreicoltura credo necessario che sia dotato dei seguenti requisiti:

1.° Acque limpide, salse o salmastre, ma in cui la proporzione delle acque dolci sia tenue. Infatti, basta l’afflusso, anche temporario, di una gran quantità d’acqua dolce in un parc o in una claire per provocare la morte di tutti i suoi abitanti;

2.° Acque tranquille, tali cioè che il molo ondoso del mare non abbia a disturbare o danneggiare gli apparecchi;

3.° Fondo prevalentemente scoglioso. Sono nocivi i fondi coperti di fango, di piccole ghiaie e di sabbia; le alghe in piccola proporzione non sono dannose, massime le alghe verdi;

4.° Acque più o meno basse, secondo i casi.

È d’uopo inoltre che la località non serva d’ormeggio alle navi, non sia frequentata da pescatori e possa essere facilmente invigilala.

Ognuno vede che tali condizioni si trovano riunite assai raramente nella medesima località.

Trattandosi di un litorale le cui acque sono in ogni tempo placidissime, parmi che gli apparecchi collettori debbano collocarsi di preferenza sui bassi fondi; ove poi le acque, comunque abitualmente calme, andassero soggette a periodi d agitazione tali da disperdere ì piccoli molluschi o da disturbare in altra guisa lo allevamento, converrebbe calarli a profondità di 10 a 15 metri, ed anche maggiori, nelle quali il moto del mare non si facesse sentire. Per quelli destinati a siffatte profondità proporrei di sperimentare le disposizioni seguenti:

Il collettore sarebbe essenzialmente formato di un piano quadrangolare di un metro di lato, fatto di legno assai rozzo, o meglio di cerchi di botte intralciati a guisa di graticcio ed assicurati ad una specie di telaio. Tutto all’intorno sarebbero saldamente fissate al piano alcune fascine verticali, dell’altezza di circa metri 1.50. Alla parte inferiore l’apparecchio riposerebbe su quattro aste di legno greggio (disposte come gambe di un tavolino e più o meno lunghe secondo