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poche prove ebbero appena un principio di esecuzione ed anche queste furono tentate con mezzi impari alio scopo e in circostanze infelici, per la cattiva direzione o la scelta della località, laonde era impossibile che riuscissero.

Nei tentativi di questo genere bisogna aver presente innanzi tutto che le condizioni fisiche del Mediterraneo, massime per ciò che concerne la salsedine, la temperatura media, il moto alterno derivante dal flusso e dal riflusso sono assolutamente diverse da quelle dell’Atlantico e che le ostriche nostrane differiscono specificamente o almeno quali varietà da quelle dell’Oceano. Per conseguenza presso di noi, per quanto ha tratto all’ostreicoltura, vi sono nuovi studi da compiere, nuovi quesiti da risolvere.

Tuttavolta l’esperimento di Taranto e del Fusaro, quantunque imperfetto, ci insegna che l’Ostrea edulis del Mediterraneo può vivere e moltiplicarsi nei bacini grandi e piccoli liberamente comunicanti col nostro mare.

Da questi fatti traggo adunque la conclusione che i tentativi degli ostreicultori italiani debbano principalmente rivolgersi alle nostre grandi lagune salse. Se mal non m’appongo negli stagni d’Orbetello, di Piombino, di Salpi, di Varano, di Lesina, di Cagliari, d’Oristano, nonché nello stagnone di Marsala (secondo le accurate osservazioni dei signori professori Doderlein e N. Chicoli)1, si verificherebbero alcune delle condizioni fisiche più favorevoli per tentarvi sopra larga scala l’allevamento delle ostriche2.

L’introduzione delle pratiche della ostreicoltura nei golfi, nelle baie e anche lungo i litorali aperti del Mediterraneo presenterebbe, io credo, ostacoli assai più gravi da superare, perchè scarseggiano le località opportune e perchè il collocamento, la sorveglianza e la conservazione dei collettori risulterebbero, in generale, assai dispendiosi.

Il signor Cav. di Sambuy regio viceconsole d’Italia a Tolone, interpellato dal regio Console generale in Marsiglia, cui la Camera di Commercio di Genova avea chiesto notizie sulla coltivazione delle ostriche lungo il litorale mediterraneo delia Francia, rispose tuttavolta che, fra molti tentativi fatti per introdurre l’ostreicoltura sulle coste della Provenza, uno ne sarebbe riuscito e questo nella località di Bregaillon, nella rada di Tolone, in un punto in cui le acque sono eccezionalmente tranquille. Altrove, in mare libero, le prove, a quanto pare, andarono sempre



  1. Studio della Commissione delegata dalla Società di acclimatazione ed Agricoltura in Sicilia per l'impianto dell’ostreicoltura nello stagnone di Marsala. Estratto dagli atti della Società di acclimatazione ed agricoltura in Sicilia, Tomo V, N.° 11 e 12, Palermo 1865.
  2. Non comprendo in questo novero le lagune Venete perchè l’immissione sempre crescente di acque dolci e di acque di irrigazione nelle medesime, fa si che in gran parte della loro estensione l'ostrica non possa più allignare. Vedansi intorno agli esperimenti d’ostreicoltura eseguiti nell’estuario veneto gli scritti del signor Riccardo d’Erco intitolati: Sulla coltura delle ostriche e sulle asterie o stelle di mare, Trieste 1862 — Opuscolo secondo sulla coltura delle ostriche, Trieste 1863.