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120 viaggio nel mar rosso e tra i bogos.

del capitano. Fortunatamente, ad onta del panico e del disordine che regnavano in coperta, i macchinisti, imperterriti, lavoravano a tutt’uomo alfine di porre la macchina in istato di funzionare, almeno provvisoriamente, con un solo cilindro; e nel punto in cui pareva imminente l’investimento, il vapore si mise di bel nuovo a camminare.

Ai primi chiarori dell’alba appoggiammo a ridosso di Ras Zetié per aspettare che il vento tacesse e la macchina fosse posta in tal condizione da consentirci di proseguire il viaggio con sicurezza. Cessato ogni pericolo, il capitano, informato della trama ordita dal Medinese, lo chiamò a sè, in presenza dei più ragguardevoli tra i passeggieri, e gli domandò se egli fosse l’autore della calunnia e perchè l’avesse propalata; al che rispose l’accusato negando recisamente e studiandosi di cacciar su altri il sospetto. Ma invano, che ben dieci concordi testimonianze fecero palese il vero. Egli allora, costrettovi dall’evidenza, confessò senza rossore come la paura gli avesse suggerito un simile artifizio per indurre i suoi compagni a salvarsi con esso lui sulle barche, prima che non fossa disperata la sorte della nave. Di codesto interrogatorio fu steso a scarico del comandante un processo verbale, nelle debite forme, che il Medinese fu obbligato a firmare, e cui apposero anche la propria firma tutti i presenti in qualità di testimoni.

Rimasti ventiquattro ore all’áncora ed eseguite le più urgenti riparazioni alla macchina, si partì la mattina del 3 luglio, con calma di mare e di vento, e demmo fondo l’indomani all’imbrunire nella rada di Suez. Ivi, scontati tre giorni di contumacia, tanto più tediosa, inquantochè non prevista, fu esaudito il voto di quanti, come me, anelavano di toccar terra. Trasferitomi allora in Alessandria, passai a bordo del piroscafo Principe di Carignano, il quale mi condusse in tre giorni nel porto di Brindisi. Di colà un treno di ferrovia celerissimo, lento però a fronte della mia impazienza, mi trasse laddove mi chiamavano i più vivi desiderii, i più cari affetti; ed ecco come e per quali vicende mi ridussi felicemente in patria dopo un’assenza di cinque mesi.


FINE.