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i leoni del samhar. 91


«I pastori di Hailat hanno tale una confidenza col leone che lottano con lui. Io vidi due giovani pastori che fra tutti e due potevano avere trent’anni, dei quali uno tolse al leone una vaccherella, tenendola per la coda e gridandogli addosso, nè venendogli fatto di torgli per amore la roba sua, gli menò una batacchiata così forte sulla spina dorsale, che il leone lasciò la preda, e si volle rivoltare al giovanetto, ma non si potè rialzare perchè quel fiero colpo gli aveva scassinate le vertebre della schiena. L’altro poi veduto il leone dormire, tutto gonfio del pasto fatto intorno ad una sua vitellina, per vendicarsene tolse un sasso tanto grande quanto potevano le sue forze, e senza nessun timore fattosi sopra il leone, glielo lasciò cadere sulla testa, ch’era appoggiata ad un altro sasso e gliela schiacciò. Ed i pastori parlano di lui come noi possiam parlare del mulo, e sono curiosi oltremodo negli scongiuri che gli fanno, quando viene assalendo negli agghiacci o sui pascoli i loro bestiami. Una volta, essendo io con alcuni amici a Tserha accampati vicino ad una mandra, il leone in lontananza fece un baturlamento di tuono; le vacche si rammucchiarono e strinsero insieme, appoggiandosi il deretano, con testa alzata, orecchi tesi, per udire l’andare. Il leone si avvicinò ciampeggiando; ma così grossa bestia, comechè piovesse dirotto, non poteva nascondersi al chiarore che metteva il fuoco; quindi venne veduto dal pastore beduino il quale così prese a dirgli: Nas-Abi, Grand’uomo, che fai tu costà? Non sei tu il re degli animali? Che bisogno hai tu di fare il ladro coi pastori? se tu sei forte, come mostri, e celere come ti si pare, che non cacci le asabat (antilopi) e gli animali selvatici, vecchio poltrone? che Maometto ti maledica, gaglioffaccio — e continuò lunga pezza a cianciugliare queste ed altre pappolate. Il leone o avesse altro da satollarsi, o temesse l’odor della polvere, girò a noi intorno, e poi sfrattò senza far nulla. Ciò sia detto per modo di episodio e per far conoscere l’indole di questo temuto animale.»

Prima di giorno, tutto essendo in ordine per la partenza, mi accommiatai dal mio ospite, e la piccola carovana prese le mosse. Marciava innanzi, con incesso grave e maestoso, un montanaro abissino che faceva da guida; egli teneva la cavezza d’un cavallo ed era armato di lancia. Lo seguiva un famigliare del si-