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ignorata, oh quelle son sublimi d’abnegazione e di forza morale!... non è vero?

Amico mio! Io conobbi una gentil e soave giovinetta —; fidanzata dai suoi più teneri anni ad un uomo ricco e brillate (al quale avevala incatenata la dispotica volontà d’un padre inesorabile) essa aspirava continuamente al palpito d’un amore alto e generoso — aspirazione tanto più dolorosa inquantochè non poteva abbandonarvisi senza colpa.

Ma era scritto nel libro del Destino che essa doveva amare.

Ti trascrivo l’ingenua confessione che essa stessa mi fece dell’amor suo, e ti sarà impossibile il non commoverti alla descrizione di un affetto cotanto grande e puro.


«— Dalla gratitudine all’amor vi fu una breve distanza; ma io la distrussi, finchè il palpito della riconoscenza si confuse in me in quello d’un amore nascente.

Sì! Io l’amai d’un affetto immenso e disperato; immenso poichè nell’udire un pezzo di musica italiana, nell’aspirare il profumo d’un fiore, o nell’ammirare un mesto chiaro di luna, il mio pensiero inebriato volava sempre a lui —: disperato, poichè una barriera di ferro ne divideva, e poichè la oscura fanciulla del popolo era troppo altera per mendicare uno sguardo d’amore dall’illustre titolato....

Ma la riservatezza dell’orgoglio fu vinta dall’impeto del sentimento, ed allorquando i suoi begli occhi neri si fissavano nei miei, il volto avevo irradiato dal lampo di quella beatitudine che ci sublima fino a Dio...