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li suoi sfoghi perversi.

Quem victorem jam vere hominumque Deumque
Hunc turpi fictum crede favore Deum.
Namque suo sceleri indulgens obscoena libido,
Hunc falsi situlum jussit habere Dei.
Libera peccandi miseris sic visa potestas,
Si falso segeret Numine crimen amor.

Finalmente egli si pone a consigliarla di abbandonar quegli amori, di lasciar quelle vesti troppo ricche, ed indecenti al suo grado, di esser meno immodesta, di astenersi eziandio dalle vivande troppo laute, e di fuggire, come il contagio, la pratica degli uomini; e che in tal guisa non avrà ella d'uopo del perdono di suo Padre:

Parce tuis squammas intexere vestibus aureas,
Et calamistratas excoluisse comas;
Disce supercilium vissa cohibere pudica,
Et nimium lautis abstinuisse cibis,
Colloquium, tamquam pestem, fuge, Nata,
virorum,
Sic venia poteris non eguisse mea(22)1

Ma tutto ciò o fu mera finzione del Poeta Porcellio, come pur vi finse altre cose non vere (23)2, o non fece alcuno effetto; perciocchè

  1. I detti versi si riferiscono anche dal Sig. Ab. Sazs nel luogo cit.
  2. Finse quivi il Porcellio, fra le altre cose, la morte d'Isotta, come seguita prima di quella di Sigismondo, e ciò, siccome riflette il detto Sig. Ab. Sazs a cat. 44. per aver occasione di far comparire la sua poetica fantasia, rendendo conto a Sigismondo de' supposti ultimi sentimenti d'una persona, ch'egli amava con tanta passione.