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fu il detto Palazzo insieme con quello del Cimiero donato dal Pontefice Giulio II. a quella Comunità, la quale poi dovette cederlo alla famiglia de' Tingoli, che come erede d'una figliuola d'Isotta, mercè d'una lite vinta, lo venne a ricuperare.

Con quale sentimento poi i Parenti d'Isotta, e massimamente suo Padre, ch'era ancor vivo, e chiamavasi Frrancesco di Atto degli Atti, uomo anch'esso di assai rare doti ornato, se vogliamo credere a Tito Strozza (21)1, sentissero, o sofferissero l'intrinsichezza di lei con Sigismondo, massimamente nelle circostanze d'esser quella una Famiglia di riputazione, e ricca ancora, per quanto appare; non però tale da poter far fronte alle passioni di chi in Rimino dominava. In fatti, se si vuol prestar fede a due

  1. Delle rare doti del Padre d'Isotta ci ha lasciata una bella testimonianza Tito Strozza in una delle sue Elegie, cui finge scritta da Sigismondo a Isotta per condolersi seco, e confortarla sulla morte di suo padre. Eccone il principio:

    Hanc Sigismundi tibi fert, Isotta, salutem
    Nomina, sollicita littera facta manu.
    Scribere difficile est, quam me nova cura fatigat,
    Quam mihi mors fuerit Patris acerba tui.
    Ejus enim nobis nimium jactura dolenda est
    Qui praestans factis, ingenioque fuit.
    Et quamcumque illi patriam fortuna dedissit,
    Illum ortu potuit nobilitare suo.
    Sed quamvis nostra summum decus adderet urbi.
    Clarus et innumeris esset imaginibus
    Virtutesque viri quamvis ego sempre amarim,
    Te propter, obis carior ille fuite etc.

    La detta Elegia è stampata fra le Poesie dello Strozza nel Tom. IV. della Raccolta Poetarum Italor. Florentia 1722. in 8. a car. 129.