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Al celebre Ruggiero, terrore dei Saraceni, e dei greci, e fondatore di una prospera e potente monarchia, successe Guglielmo detto il Malo, che fu il solo superstite de’ suoi cinque figli. Questo sovrano, asceso ai trono nel 1151, disfece col suo duro e istabile governo l’opera del suo gran genitore; e dopo che si ebbe attirato in varii modi l’odio di non poca parte de’ suoi baroni, crucciato contro il pontefice Adriano IV, che con una sua lettera apostolica lo aveva chiamato signore e non re, invase gli Stati pontificii, incendiò Ceprano, e, devastata la campagna romana, cinse alla fine d’assedio Benevento, ove il papa erasi ricoverato coi baroni a lui ribelli e ne devastò il territorio.

Ma andando per le lunghe l’assedio, Guglielmo il Malo propose un modo di accordo ad Adriano, che vi aderì volentieri, e le cose allora mutarono in meglio. Guglielmo, sciolto dall’anatema, ricevette la investitura del reame, e la solenne incoronazione seguì in Benevento nella chiesa di San Marciano, ora distrutta, ma di cui vedesi ancora un avanzo; ed egli per un tale atto accettò di compensare il pontefice col tributo di 600 schifati annui per la Sicilia, il Ducato di Puglia, e i principati di Capita e di Napoli, e 400 per la Marsia teatina, e mise al bando del regno tutti i baroni ribelli. Da questo punto potè ritenersi stabilita durevolmente la signoria dei sommi pontefici sulla città e territorio di Benevento.


CAPITOLO XIV.


Si è proposta sempre dai cronisti e storici locali la non lieve quistione se l’estinguersi della Signoria longobarda in Benevento nocque alla floridezza della città, ma io credo che tale questione si consonda coll’altra, se cioè il dissolversi del regno longobardo debba definirsi una sciagura o un bene per l’Italia. Alcuni storici, fra i quali il Giannone e il Ranieri, ritennero che fosse stata una calamità per l’Italia la sconfitta dei longobardi, i quali, mescolati agli italiani per consuetu-