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vera, al loro dritto sul cavallo bianco, por essere un segno di dipendenza. (Ostiense) E fu questo il titolo pel quale la chiesa di Roma acquistò la città di Benevento, ma senza il possesso, che si tenne tuttora dal principe Landolfo.

In quel tempo i normanni, che aveano la signoria di quasi tutto il principato beneventano, conoscendo di essere molto innanzi ai greci e ai longobardi non pure in fatto di perizia militare, ma anche pel numero delle soldatesche, colta l’opportunità dello sdegno di Enrico III contro i beneventani per l’accennata ribellione, non istettero di estendere i loro possedimenti, e apportare molestie ed avarie senza fine ai popoli confinanti, minacciando la stessa città di Benevento, di cui ambivano ardentemente l’acquisto, per costituirla metropoli dei loro stati, come aveano praticato i longobardi. La potenza del principe di Benevento era di assai scemata, imperocchè nell’anno 801 dagli stati del principato fu diviso l’Abruzzo, e sottoposto dai francesi al ducato di Spoleto, e con la forza nell’anno 839, e con regolare trattato nell’anno 851 il principato di Salerno si separò stabilmente dal beneventano. Indi se ne divise egualmente quello di Capua; ed infine, tolta al principato di Benevento la Puglia ed altre terre signoreggiate dai normanni, si videro quei medesimi longobardi che un tempo aspirarono al reame d’Italia, che contesero coi più potenti sovrani, e che, sebbene dipendenti dagli imperatori d’Oriente, ebbero a tributari gli stessi duchi di Napoli, ridotti in sì miserando stato da ricevere la legge da tutti. Molto incresceva ai nobili beneventani e ai cittadini di alto affare vedere il principe inerme e privo dei suoi stati aviti. E non isperando alcun soccorso dall’imperadore Enrico III, adirato contro di essi per essersi ribellati alla sua autorità, molti patrizi! si proposero di mettere la città sotto la protezione di Leone IX pontefice, non già perchè intendessero riconoscere i suoi dritti sulla città, ma perchè non iscorgevano altro mezzo a impedire la conquista normanna. E a tal fine spedirono in Roma alcuni abili oratori, per invocare in tanto bisogno l’aiuto del papa, e presentar-