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saraceni dalla Spagna, nemici ai primi per diversità di setta. Tutti costoro senza farsi scrupolo di nuocere ai principi, ai quali aveano legata la lor fede, diedero principio alle più orrende devastazioni. I saraceni dell’Africa, quantunque fossero agli stipendii di Radelchi, occuparono la città di Bari, che si tenea per il principe di Benevento, e ne gittarono in mare il Gastaldo a nome Pandore, e poi espugnarono Taranto, desolarono la Puglia e la Calabria, e dopo aver quasi diroccate Capua, Formia e Fondi, si fecero a predare le stesse terre di Salerno e di Benevento.

Ma non ostante che i popoli fossero stati in tante guise travagliati dai saraceni, e fatti segno a indicibili sciagure per una guerra fratricida, protratta per oltre due lustri, e che i barbari tenessero ora per Radelchi, ed ora per Siconolfo, mutando parti e bandiere a misura delle maggiori o minori paghe promesse o delle lusinghe della preda, i principi Radelchi e Siconolfo niente rimettevano del loro tenace proposito di non accogliere alcuna proposta di accordo. E poscia, per conservare il favore dei saraceni, facendone paga la cupidigia, l’uno pose mano ai ricco tesoro della chiesa cattedrale di Benevento, e l’altro alle molte ricchezze contenute nel ricco tempio di Nostra Donna in Salerno.

In quel mentre Landolfo, che seguiva le parti di Siconolfo, fortificò Sicopoli, e, collegatosi coi napoletani, riacquistò, mediante alcuni prosperi combattimenti, il territorio della disfatta Capua, e si dichiarò conte indipendente. Ma Radelchi, che mal volentieri sopportava l’indipendenza dei conti di Capua, spedì contro Landone, succeduto a Landolfo nel governo di Capua, il Gastaldo Agenardo con un grosso stuolo di assoldati saraceni, ma nel tempo stesso in aiuto del conte trassero non pochi salernitani guidati dal prode Gastaldo Aldemario. I due eserciti vennero a battaglia nelle adiacenze di Sicopoli, e ai saraceni di Radelchi toccò una segnalata sconfitta, dopo la quale Landone, congiunte le sue schiere a quelle di Siconolfo, si mosse contro Cosenza e Taranto, e le ridusse all’ubbidienza del principe di Salerno. E questi, dopo di aver messo a soqquadro tanta parte dell’Italia, per sop-