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acume politico, prode nelle armi, profuso nel donare, e geloso della indipendenza del suo principato, come rilevasi dal suo rifiuto di più concedere l’annuo tributo ai francesi.

CAPITOLO IX.


Narra l’anonimo Salernitano che Sicone negli ultimi anni del viver suo diede molti savii consigli al suo figlio e collega Sicardo, ma costui, degenerando dai paterni esempi, si lasciò vincere per modo dalla libidine e dall’avarizia, che niun delitto potea essergli d’ostacolo nel mandare a fine i suoi turpi divisamenti.

Di più, mettendo in non cale i consigli del padre, non ebbe persona che gli fosse più cara di Roffrido figlio del traditore Dauferio, di cui si è innanzi parlato, e non imprendeva cosa alcuna di rilievo senza il consiglio di quell’iniquo, il quale, per quanto scellerato, e fuor di misura disonesto, per tanto era prudente, e scaltrito in ogni maniera d’inganni. Inoltre, istigato da Roffrido, s’indusse Sicardo a mandare a confine il suo fratello Siconolfo, senza che questi, il quale teneasi lontano dalla sua corte, gli avesse mai frastornato alcun disegno, o datogli motivo di malcontento. E poscia, prorompendo nei maggiori eccessi, mandò a morte non pochi tra i più illustri cittadini di Benevento, e altri ne fece chiudere in un lurido carcere, affine di poter rompere ad ogni delitto senza impedimenti di sorta, e astrinse il suo cognato Maione a prendere abito religioso in un chiostro, da cui gli fu in perpetuo vietata l’uscita.

Nè si rimase a questo Roffrido, ma, vedendo secondati a capello tutti i suoi disegni, usò ogni arte per determinare il principe Sicardo a impalmare una sua cognata di rara avvenenza, e, ottenuto l’intento, si tenne certo che omai non sarebbe stato contrariato dal principe in qualsivoglia impresa. E perciò fece segno alle più immani persecuzioni il benemerito abate Alfano, suo antico avversario, il quale, non cre-