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stanza, eseguì con molta celerità la ritirata, perdendo parecchi dei suoi seguaci, tra i quali il capitano Pietro Rampone, fratello del capo del governo provvisorio di Benevento.
Alla reazione d’Isernia succedettero parecchie altre, finché man mano il tristo esempio, fomentato anche dal brigantaggio, si propagò in diversi comuni della nostra provincia. Sul principio di agosto del 1862 si alzarono le insegne borboniche in S. Marco de’ Cavoti, Molinara, S. Giorgio la Molara, Pago, Pietralcina, Paduli e altri paeselli. Appena Francesco concedette la costituzione, i faziosi di S. Giorgio la Molara divulgarono che il governo acconsentiva alla divisione dei terreni ex feudali dei principe di S. Antimo, e tosto elessero un nuovo sindaco, devastarono il bosco Mazzocca, venderono il legname e ne usurparono il suolo. Dopo un tal fatto un contadino del comune di Colle, noto col nomignolo di Pelorusso, nei 6 agosto, a capo di cinquanta uomini a cavallo, entrò in S. Marco de’ Cavoti, e con l’aiuto della popolazione mandò via gli accorsi soldati del Re Galantuomo, rimettendo ivi il governo di Francesco, e nel prossimo comune di Molinara. I liberali di tali luoghi fuggirono, ricoverandosi nelle case dei loro amici in S. Giorgio la Molara; ma poi, presentendo l’arrivo anche colà dei reazionarii, trassero in Benevento. Infatti nel giorno 8 agosto il Pelorusso entrò da vincitore in S. Giorgio con le popolazioni dei dintorni, tolse il denaro comunale, che assommava a ducati otto mila, e divisava anche di saccheggiare molte case, ma ne fu stornato dalla parte più savia dei suoi aderenti. Egli, dopo aver rimesso anche a S. Giorgio il governo borbonico, passò a Pago, e in ultimo a Pietralcina con più di mille uomini armati di spiedi e mazze. Ma sull’alba del 10, investito dai piemontesi e battuto, trasse altrove non inseguito,1 e i soldati del re, rimesso l’ordine pubblico in S. Giorgio, si recarono a Paduli, che erasi nel giorno 9 ribellato, e fucilarono cinque cittadini creduti i caporioni della sommossa.
- ↑ Il Pelorusso poco dopo uccise il Sindaco Giacomo Farini, insieme alla druda, per vendetta di aver chiamalo in suo aiuto i piemontesi.