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tentare le prove estreme contro i franchi, erasi chiuso in Verona, da cui gli riuscì di refugiarsi in Costantinopoli, ove fu assai beneviso dall’imperadore. Indi a poco, dimentico che il principe Arechi avea messo a repentaglio il proprio Stato per soccorrere il suo genitore, non desistette mai dall’istigare l’imperadore a mandare in Italia il maggior nerbo del suo esercito per privare Grimoaldo del principato. E infatti Costantino, assecondando i suoi disegni, adunò in breve tempo un’armata assai poderosa, con la quale Adelgiso approdava in Italia, e, ingrossato l’esercito di alcune truppe greche che colà stanziavano, lo divise in due parti. E mentre altri duci invadevano le terre d’Ildebrando, duca di Spoleto, egli sul beneventano espugnò Teano, e Nocera con altre città e castella, e mandò a guasto tutto il principato. Ed anzi il Collenuccio afferma che in quella campagna cadessero in balìa dei greci tutte le terre poste tra Benevento e il fiume Pescara. Però a Grimoaldo non cadde l’animo per le soverchianti forze nemiche, ma, collegatosi col duca di Spoleto, mosse con franco animo contro i greci, e li vinse compiutamente in una battaglia campale, in cui, a detta di varii scrittori, perì lo stesso Adelgiso, riportando in tal modo condegna pena della sua leggerezza e ingratitudine. I greci, dopo una tanta rotta in cui giacque il fiore della loro armata, mal sapendo a qual partito appigliarsi, proposero a Grimoaldo un trattato di pace, e questi vi acconsentì assai volentieri, per esimersi dalle molestie d’una lunga e inutile guerra, e anche perchè non era avido di conquiste, agognando unicamente di serbare incolume il suo Stato da ogni straniera dipendenza.

Nell’anno 792 fu eletto abate di Montecassino Gisolfo beneventano della nobilissima stirpe dei duchi longobardi. E da ciò nacque che il principe Grimoaldo, voglioso di largheggiare di privilegi col detto abate, rese libere tutte le donne che eransi legate in matrimonio con i servi de’ cassinesi dai tempi del primo Gisolfo duca di Benevento sino ai suoi giorni, e di più fece dono alla Badia del celebre Monastero di S. Maria, posto nei confini di Acerenza.