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Repubblica partenopea, ma i beneventani presero le armi, e contesero ad essi di entrare in Benevento, e solo acconsentirono che si accampassero vicino il convento di S. Maria degli Angeli. Ivi le milizie napoletane s’intertennero tre giorni, ricevendo le vettovaglie dalla città, ma un bel giorno, indignate dall’inattesa resistenza, lanciarono una granata, la quale cadde sul tetto della Chiesa l’Annunziata, e fu poi dai cittadini appiccata a un muro della sacrestia a ricordanza di quel fatto. I Napoletani non potendo venire a capo di entrare nella città nè con la forza, nè con le lusinghe, fecero ritorno in Napoli nel giorno 26 maggio, ma pretesero però in ostaggio il presidente Pacca, e il municipalista Sebastiano Schinosi.

I beneventani, sottratti al pericolo di un saccheggio, invece di collegarsi in un solo partito per la difesa della patria, vissero discordi e divisi, per modo che si vivea pessimamente. In quella si sparse in Napoli la nuova che il re Ferdinando si apprestava con poderosa armata a entrare nel regno. Fu allora spedito in Benevento il comandante Ruggieri con venti uomini a chiedere dei pronti soccorsi, affine di sostenere la repubblica partenopea. Ma l’Arcivescovo, udito il parere dei municipalisti, gli fece intimare che si fosse senza indugio partito da Benevento, poichè il popolo vedea di mal occhio la sua venuta, nè avrebbe giammai impugnato le armi contro il re delle due Sicilie se avesse tentato di recuperare il suo regno. Ruggieri allora si fece a domandare un ordine in iscritto di questo congedo, che gli fu volentieri concesso dai municipalisti, e il di seguente tornò in Napoli, ove narrò fil per filo l’accaduto al capo di battaglione Landini; e poco stante giunse ivi un corriere con una lettera scritta da Mathon ministro della guerra ed affari esteri al general Matera che poco prima erasi partito da Napoli. La lettera fu con modi violenti letta al popolo, e in essa si ordinava niente meno di dare un terribile esempio in Benevento. Doveansi chiudere innanzi tutto le porte della città per impedire ad ognuno l’uscita, e quindi si doveva procedere alla cattura dell’Arcivescovo, dei com-