Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/242


– 233 –

Io quel mentre gli abitanti dei prossimi paesi, e specialmente quelli del villaggio delle Pastene, appena fecero ritorno in Benevento, mossi a un tempo dalla cupidigia e dalla indignazione, per non essere stati assecondati da tutte le classi della cittadinanza, insieme ad alcuni beneventani che si associarono ad essi in quella nefaria impresa, presero a saccheggiare varie case di persone opulenti, e furono quelle del sig. Pellegrini, del marchese Mosti, e del Barone dell’Aquila, e la doviziosa bottega con l’attigua casa del de Bellis, e nella loro ferocia ridussero in pezzi gli oggetti che non potettero divenire loro preda.

E poi man mano trascorsero a peggiori eccessi, poichè trucidarono un tal Giovanni Lavinio, sol perchè domandò loro cosa facessero, e per poco non posero le violente mani addosso a certi preti d’illibata vita, che con dolci parole tentarono di attutirne lo sdegno. Nè paghi di ciò appiccarono il fuoco alla casa dei signori Pellegrini, che fu tosto spento, ed al palagio dei Marchesi Mosti, in cui acquistò forza, per modo che ne rimase guasto in più parti, e dopo questi fatti i forestieri sgombrarono dalla città. Ma i più prudenti cittadini, temendo nel dì seguente il ritorno di quei facinorosi, presero le armi per la propria difesa, e in un tafferuglio che ebbe luogo tra certi beneventani, i cittadini Giovanni Vessichelli e Cosimo Tretola, ritenuti per forestieri, furono quasi a furia di popolo uccisi. In tanto disordine e confusione da potersi paragonare ad una vera anarchia si visse per alcuni giorni, finchè avutasi la novella della resa di Napoli ai francesi, a prevenire la loro vendetta, si spedirono in Napoli quattro deputati, e furono il governatore Marchese Pacca, il vicario generale Camillo Rossi e i signori Antonio Buonopane e Filippo Rossi, ai quali riuscì di propiziarsi il generale Championnet, che dimorava in Napoli, mediante l’offerta di ducati 10 mila, e la promessa di erigere anche in Benevento l’albero della libertà, locchè, a impedire i tumulti popolani, fu eseguito, a notte alta, dinanzi la fontana posta nel largo del palagio arcivescovile, e la mattina seguente (volgea il gior-