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noto al Coscia che non tornando in Roma nello spazio di un mese sarebbe rimasto privo di tutti i benesizii ecclesiastici di cui fruiva e della stessa dignità di cardinale. Intanto la congregazione, composta di cinque porporati, che furono i cardinali Corradini, Pico della Mirandola, Imperiali, Banchieri e Porzia continuava la processura contro il Coscia e i suoi complici per le tante prevaricazioni di che furono accusati e abusi di ogni maniera. Le decisioni di questa congregazione parvero giuste a tutti, e riscossero le lodi della nazione. Si dichiarò decaduto il Cardinal Coscia, primo autore d’ogni disordine, dall’arcivescovado di Benevento, e fu condannato a 10 anni di reclusione nel forte S. Angelo, e al pagamento di varie somme alla Camera Apostolica, e tutti i suoi complici soggiacquero a varie pene di minor momento. E si verificò allora che niuno di costoro era nativo di Benevento, e dell’esiguo territorio di dominio della Santa Sede, ma che tutti sortirono i natali in Napoli o in altre città d’Italia. Appena fu noto ai beneventani che il cardinale Coscia era stato deposto dalla dignità di arcivescovo di Benevento, essi che lo avevano in odio ne esultarono, e per tre sere susseguenti ebbero luogo nella città pubbliche luminarie e fuochi di artificio, e in ultimo il popolo trasse in processione al Santuario della Vergine delle Grazie per avere, secondo la sua credenza, ispirato al pontefice la punizione di quel malvagio. Il papa in tale occasione spedì a tutti i principi cattolici copia del processo compilato contro il Coscia, «ma a che pro scrive a questo proposito il Muratori, se dopo aver messo in chiaro tanti reati da lui commessi, si vide tuttavia la porpora ornare un uomo che l’avea tante volte deturpata!»


CAPITOLO XI


Il potere, che io direi quasi, autocrata dei nostri arcivescovi non scemò punto dopo l’Orsini nella città di Bene-