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che siede sulla sponda del fiume Calore rimasero talune case, ma screpolate, rotte e rese inabitabili. Benevento non era più, e salvo pochissimi edifizii, neanche le strade discernevansi, perchè rimaste ingombre dalle rovine. Anche l’aria parve tetra, essendosi sollevata dai caduti edifici una densa nube di polvere, che dava immagine di una fitta caligine condensata in ogni parte dell’atmosfera. Scena più orrenda non si sarebbe potuto immaginare..
Dalle crollate case furono schiacciati e sepolti 1367 cittadini. Dei superstiti alcuni si vedeano vagare smarriti e confusi tra le macerie, e, incespicando ad ogni passo, cadeano fra i rottami come cosa morta, altri di polvere cospersi si vedean sbucare feriti di sotto le rovine, ed inerpicarsi pei monti di frantumi, altri presi da pia sollecitudine aggirarsi in traccia dei parenti e degli amici che non più vedeano, e trovatili semivivi, travagliarsi per trarii dalle macerie, ed altri vedeansi errare come insensati, senza poter raffigurare neanche il sito delle case fra quell’informe ruina.
A tanta desolazione si aggiunse pure che i cittadini nulla sapendo di ciò che era accaduto al lor pio pastore supponevano il peggio, non vedendolo accorrere qual padre comune a rincorare tutti coloro che erano rimasti privi di un qualche loro congiunto. L’arcivescovo, quando successe il primo scotimento delle mura, era inteso a discorrere con un gentiluomo della diocesi. Al tremendo e repentino squassamento essendo andato in socquadro l’episcopio; egli e il gentiluomo precipitarono all’ultimo piano, ossia nel granaio, ed ivi giacquero coperti ed interrati dai rottami del caduto palagio. Il gentiluomo non potè salvarsi, ma non così l’arcivescovo, sul di cui capo talune canne ebbero a formare una specie di tetto da sostenere, non si sa come, l’impeto dei ruinanti massi, ed impedire che l’Orsini rimanesse soffocato dal calcinaccio. Poi, quando tutto fu cheto, sui ruderi dell’episcopio prese ad aggirarsi un tale P. Buonaccorsi dell’Ordine dei predicatori, chiamando l’arcivescovo più volte, e in pensiero che fosse rimasto o morto, o mutilato. La sua voce non tardò a giungere all’orecchio dell’Orsini, che, con