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condizioni del Milanese nel secolo XVII sotto il regime spagnuolo, scrisse cose molto singolari sulla inettezza di quel governo; ma il romanziere che avesse descritte le anomalìe e le nefandezze che nello stesso tempo si verificavano nel Napoletano non so se avrebbe fornito più argomento di riso che di sdegno ai suoi lettori.
Si sperava che dopo tante sciagure avesse dovuto arridere alla città di Benevento un migliore destino, allorchè il più ferale disastro che possa colpire un popolo la rese in poco d’ora la più desolata delle città italiane. La peste aveva apportato gravi danni a Benevento negli anni 1497 e 1527; ma il racconto di quei mali parve assai poca cosa ai superstiti del terribile contagio che infierì in Benevento nel 1656, di quel contagio cioè pel quale perirono in Napoli da oltre 20000, e che sparse il lutto ove più ove meno in tante provincie del regno. Si noveravano allora in Benevento 18000 persone, e la peste, manifestatasi col primo caso ai 15 di giugno, non prese a scemare che nel mese di settembre, e non cessò del tutto che nel successivo ottobre, togliendo la vita a ben 14000 abitanti, cosicchè la città porgeva Y idea di una vera necropoli, e per lungo tempo si vide crescere i’ erba in alcune strade e sulle piazze, quasi come negli aperti campi Era a quel tempo arcivescovo di Benevento Giovan Battista loppa il quale pose a repentaglio in ogni giorno la sua vita pel bene e per la salute dei cittadini, facendo testimonianza col proprio esempio che nelle più grandi calamita si affina la non mentita virtù dei sacerdoti.
«Ove il rischio è maggior l’opre son queste»
Il zelante arcivescovo, che fu dei pochi preti rimasti immuni dal fierissimo morbo, volò al premio dei giusti nell’anno 1673. Egli fu sepolto nella Basilica di S. Bartolomeo, e nel suo testamento scrisse un legato in favore di un’orfanella povera della città nel dì delle sue nozze, da essere pagato in ogni anno dal Monte dei Pegni.
Molte delle più antiche e segnalate famiglie di Bene-