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Fu lodatissimo in vita e in morte. Il nominano con molto onore Torquato Tasso nel suo dialogo sulla bellezza, Pietro Giannone nella Istoria civile del regno di Napoli, il Parini in uno dei suoi capitoli berneschi, e tanti altri illustri scrittori che sarebbe inutile enumerare. Solo non voglio tralasciare una graziosa ottava di Speroni Speroni, riportata dal Tiraboschi, la quale è diretta a una tal Porzia vagheggiata dal Franco. Essa è la seguente:

«Porzia gentil, Messer Niccolò Franco
«È un gentil uomo pien di cortesia,
«Bello come son io, o poco manco
«Figliuol di Febo e della poesia,
«Ed ebbe voglia anch’ei di nascer bianco
«Ma vide in quel color non riuscia.
«Tutto è bel, tutto è buon, tutto è modesto,
«Tutto di grazia, e di virtù contesto.

L’egregio Carlo Simiani scrisse tre anni or sono una diligentissima vita di Niccolò Franco, e imprese una seconda edizione delle sue opere che illustrò con dotte note. Io non posso dividere tutte le opinioni del sagace scrittore, benché convengo che il suo lavoro sia stato frutto di lunghi e serii studii, e mi duole di aver dovuto notare anche nei giudizii dati sul Franco la consueta tendenza degli scrittori dell’Alta Italia o a non riconoscere, o ad attenuare di molto il merito degli scrittori meridionali. In quello scritto affermasi che il Franco era privo di soda coltura, e pure il Franco lasciò tra le sue opere inedite la traduzione in ottava rima dell’Iliade di Omero, di cui si avvalse il Monti nella celebrata sua versione. E basterebbe una tale opera per accertare la profonda ed estesa coltura classica del Franco, di cui con ragione scrisse il de Nicastro, autore patrio «non tantum etruscae ac latinae verum etiam graecae linguae peritia clarissimus effulsit.» E neanche trovo esatto che il Franco acquistò fama per la sua Priapea, raccolta di circa 200 sonetti, poiché i suoi scritti più lodati; per cui suonò alto a quei tempi il suo nome, fu-