Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/186


– 177 –


Ma forse la molta sua franchezza e la soverchia vivacità dell’ingegno il trassero a morte. In Roma fu nel 1569 ritenuto autore d’un famoso libello. Si procedette alla disamina del fatto con le forme giuridiche, e Niccolò Franco fu dannato nel capo. Le intercessioni dei grandi non furono efficaci a mitigare il rigore dei giudici, i quali si mostrarono inflessibili, senza darsi cura di ben ponderare le prove sulle quali era fondata l’accusa, la quale trasse origine principalmente dalla malignità dell’Aretino.

niccolò francoIl Franco, a notte alta, coperto di una lunga veste nera, fu impiccato al lume dei torchi. Negli ultimi momenti che precedettero la esecuzione della sentenza il Franco parve del tutto uscito di senno, e si aggirava ripetendo «Come Niccolò Franco alle forche?» ma tosto parve rassegnarsi al suo terribile fato per le pie insinuazioni del suo confortatore, il cardinale Aldobrandini.

Fu rimpianta generalmente la sua morte, e giudicata ingiusta da tutti, non avendo nè i giudici usata alcuna benignità alla vecchiezza del Franco, al suo merito, e al suo novello tenore di vita, affatto diverso da quello della sua giovinezza; nè il pontefice fatto uso del suo dritto di grazia.

È fuori dubbio che il Franco ebbe da natura bellissimo ingegno, e che fu ai suoi tempi un esimio letterato. Sentiva molto innanzi nella italiana favella, ove tolse a modello i più rinomati scrittori. Però il suo stile dà non di rado nel concettoso, nello scurrile e nel gonfio, e non è quindi immune dei molti vizii pei quali è famoso il secolo decimo sesto.